Vicesindaci che postano immagini di Mussolini, assessori che sui loro profili social invitano a prendere un caffè in memoria del numero uno del regime. In occasione del 25 aprile. Nel territorio di Latina il rappresentare le istituzioni della Repubblica avendo giurato sulla Costituzione, antifascista, sembra spesso un accessorio, soprattutto se la platea è virtuale. Non manca il caso in cui non appena si tira il sasso si ritiri la mano, come è accaduto a Cisterna, dove il messaggio è stato cancellato dopo le minacce dell’opposizione di presentare un esposto in Procura. Bianchetto digitale anche nel paese di Itri, Medaglia di Bronzo al valor civile, dove il delegato esterno di giunta per le Attività produttive e agricole, eletto con Fratelli d’Italia e passato con l’intero gruppo alla Lega, ha rimosso la foto di una bustina di zucchero con il profilo del duce accompagnandola con il commento: “Il 25 aprile è diventato la festa dei partigiani e degli antifascisti. L’hanno svuotato di significato. Preferisco festeggiare un bel weekend di sole e commemorare le vittime dei vili che si fecero eroi… buon sabato”. Chi ha fatto in tempo a leggere ha dovuto anche prendere atto delle esternazioni molto poco educate rivolte dall’assessore verso quanti, garbatamente, avevano mostrato indignazione.
Le opposizioni consiliari si sono rivolte al sindaco chiedendo le dimissioni di un delegato dell’amministrazione così orgogliosamente nostalgico. La risposta del primo cittadino è arrivata, non nei luoghi deputati alla politica locale ma a mezzo stampa: quel comportamento su facebook? Solo un “peccatuccio provocatorio”. Insomma, in molti tra i suoi colleghi di partito si sono sentiti autorizzati a manifestare il loro cuore nero senza pudore alcuno, anzi a rivendicare un’appartenenza che, se non confligge con le leggi (un giudice può stabilire se c’è apologia, vietata dalla legge Scelba), contrasta e fortemente con lo spirito della Carta fondamentale italiana.
La preoccupazione nel territorio pontino è grande, l’Anpi si è spesso trovata a dover manifestare solidarietà e vicinanza a personalità della società civile vittime di catene d’odio scatenate sui social da personalità elette negli organi del sistema democratico sia del nostro Paese sia in Europa. A Terracina ad entrare nel mirino di un parlamentare eletto a Strasburgo è stato il giornalista, sociologo, e docente Marco Omizzolo, già sotto scorta per aver realizzato inchieste sullo sfruttamento dei lavoratori agricoli migranti. Un lavoro prezioso, tanto che il Presidente della Repubblica lo ha voluto incontrare e premiare “Per la sua coraggiosa opera in difesa della legalità attraverso il contrasto al fenomeno del caporalato”. Un’attività di denuncia sulle condizioni inumate per retribuzioni da fame cui sono costretti poveri braccianti; pure malmenati se provano a protestare o a chiedere, in tempi di Covid 19, i dispositivi di protezione personale: mascherina e guanti.
Come è accaduto nell’ultimo, l’ennesimo, episodio di qualche giorno fa. Un giovane trentatreenne di origini indiane si reca al pronto soccorso: il referto dei medici parla di ferite al capo riconducibili ad un corpo contundente, di fratture e lesioni in altre parti del corpo. Partono le indagini della polizia scoprendo che i braccianti dell’azienda sono sottoposti ad uno “sfruttamento economico sistematico e a condizioni di lavoro che violano le norme in materia di sicurezza e sanitaria”. Scattano gli arresti, poi l’obbligo di firma, e in seguito – riferisce l’Anpi provinciale di Latina – “ad indagini ancora in corso, le misure cautelari vengono revocate”. Immediatamente, proseguono i partigiani pontini “si è scatenata verso Marco Omizzolo, che aveva commentato sui social media l’episodio, una catena di odio, aizzata da un parlamentare europeo eletto a Terracina”. Non caso, sembrerebbe. Perché, se non mancano i molti imprenditori onesti presenti, “c’è una strategia in atto per dare del contesto agricolo-produttivo della pianura pontina una visione di realtà libera da sfruttamenti e soprusi nei confronti dei braccianti”.
L’Anpi provinciale con la presidente Ada Filosa anche questa volta ha scelto da che parte stare: “sosteniamo la lotta di Marco e lo difendiamo dalle molte intimidazioni e offese che in questi giorni sta ricevendo”, scrivono i partigiani e gli antifascisti del Comitato provinciale e della sezione di Terracina. Al suo fianco in “una battaglia di civiltà dalla quale non ci tireremo mai fuori”, hanno voluto manifestare la loro vicinanza attiva facendo proprie le parole del giornalista:
“Dobbiamo avere il coraggio, come comunità, di osservare, riconoscere, comprendere la complessità dello sfruttamento lavorativo variamente inteso nella società contemporanea e nei luoghi in primis in cui abitiamo e lavoriamo, per liberarci da questo fardello, vera ipoteca alla nostra democrazia e ai diritti fondamentali di tutti noi, nessuno escluso”.
Pubblicato mercoledì 10 Giugno 2020
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