In fila davanti a una parafarmacia, in piena pandemia. “Perdonatemi, se potete, acquistate e mettete nel cestino accanto alla cassa qualche omogeneizzato o latte in polvere per neonati. È un’iniziativa solidale del Comune assieme ai volontari di molte associazioni. Siamo in emergenza sanitaria, ma anche economica per molte famiglie”. Quasi tutti annuiscono. Una signora, vestita in modo elegante, sbotta: “Se mi avanzano soldi, li metto da parte. Non vado in giro a fare carità. A chi poi? I miei concittadini si arrangino, come tutti. Se poi parliamo di famiglie di immigrati, non esiste proprio. Quelli già prendono dallo Stato e dalle nostre tasse 30 euro al giorno a testa” (bufala dura a dileguarsi). “Tranquilla, signora. Nessuno la obbliga”, risponde un altro cliente mentre ripone un paio di confezioni di omogeneizzati nel cestino.
La prima questione è di tipo linguistico: per non confonderci e perché ogni definizione ha un senso e un peso nella lingua italiana, prendiamo in mano e sfogliamo un vocabolario a caso, il Treccani. Alla voce carità spiega che vuol dire “bontà, altruismo, generosità, compassione, misericordia, pietà, fare l’elemosina”. In molti la fanno e sono buoni, altruisti, compassionevoli. Brave persone. Passando alla voce solidarietà, i sinonimi cambiano: “condivisione, partecipazione, vicinanza, complicità, intesa, sentimento di reciproco aiuto, fratellanza, umanità, sostegno”. Andiamo ai contrari della stessa parola: “superficialità, individualismo, egoismo, indifferenza, qualunquismo”. Qui potremmo aggiungere, persino e in alcune circostanze, “omissione di soccorso”, perché il “tuo” mancato intervento solidale, in casi estremi, potrebbe portare persino alla morte di bambini, donne, uomini. Del tuo prossimo.
Se non dovesse bastare, a spiegare ancora meglio la differenza tra carità e solidarietà, ci pensò Eduardo Galeano, intellettuale uruguaiano, dicendo che “la carità è umiliante perché viene esercitata in senso verticale e dove capita; la solidarietà è orizzontale e comporta il rispetto reciproco”. La solidarietà è attiva ovunque in tutto il mondo. In Italia percorre con impegno l’intera penisola, dalla Lombardia, al Piemonte e alla Liguria, passando per il centro, per scendere sino alla Puglia e alle isole, e Anpi nei territori è tra gli attori protagonisti di quest’ondata solidale, che volta per volta assume forme diverse, a seconda delle emergenze, ma sempre efficaci.
Facciamo qualche esempio. Vedi un anziano che barcolla e sta per cadere sull’asfalto. Ti viene spontaneo prenderlo per le spalle o porgergli la mano per evitare il peggio, non ti giri dall’altra parte. I telegiornali annunciano terremoti che hanno provocato disastri e morti, o alluvioni devastanti. Raccogli, assieme a migliaia di persone, ciò che può servire e parti. Se necessario resti lì, a destinazione, a scavare e a togliere detriti, a salvare sorelle e fratelli, bambini.
O ancora: attraversi un inverno gelido e sai che nei tuguri e nei ghetti in cui vivono i braccianti migranti (talvolta con le loro famiglie), così come nelle case senza impianto di riscaldamento, proprio vicino a casa tua, si rischia. A prescindere dalla nazionalità. Raccogli coperte, giacche a vento, maglioni di lana e i distribuisci a chi ne ha bisogno. In quel gelo dorme e vive anche chi la casa non la ha e ai piedi ha solo vecchie ciabatte.
E poi c’è la fame, l’incubo di una giustizia sociale che non c’è. Fai collette, compri l’indispensabile e anche qualcosa di più, soprattutto per i bambini e gli anziani, e parti girando tra quei sepolcri laici. Ma pensi anche ai piccoli che non hanno quaderni, penne, matite e devono andare a scuola. Allora inventi “lo zaino sospeso” dove chi non ha può prendere perché altri hanno già pagato il dovuto. Nel luogo in cui abiti persone Lgbtqia+ subiscono violenze fisiche o verbali? Non perdi tempo, li difendi, sostieni i loro diritti di essere ciò che vogliono, senza girarti dall’altra parte. Intervieni in prima persona e in modo corale assieme a chi è per il rispetto dei diritti.
Sai che in molti villaggi sperduti dell’Africa manca l’acqua e la vita degli abitanti è in pericolo per disidratazione e malattie. Che fai? Quello che puoi. Raccogli quanto basta per costruire pozzi uno dietro l’altro e per acquistare pannelli solari per farli funzionare perché lì l’energia elettrica non c’è. E poi ti dai da fare anche per garantire scuole ai bambini che hanno tanta voglia di imparare e per costruire ospedaletti dove somministrare i vaccini e far partorire in sicurezza le donne. Una nave di una Ong vede affondare barche affollate di migranti in cerca di una vita dignitosa o in fuga dalle guerre. Che si fa? I volontari li prendono a bordo e cercano di portarli al sicuro, di non farli annegare in quell’enorme cimitero che è il nostro mare.
In buona parte del mondo c’è la guerra con morti e feriti. Se sei un medico o hai comunque competenze sanitarie, parti e metti su ospedali per curare e salvare vite. Resti in quegli inferni. In Ucraina la popolazione civile è allo stremo dopo quattro mesi di invasione di Putin e la volontà degli Stati Uniti e dell’Unione europea di favorire un negoziato che ponga fine a questa come a tutte le altre devastanti guerre sembra ancora lontana? Che fai? Ti mobiliti contro l’invio delle armi, attraverso iniziative, organizzando una rete solidale di associazioni pacifiste e, contestualmente, come da tempo facciamo per tante popolazioni, curdi-africani-afghani, invii aiuti in ogni forma e accogli donne e bambini profughi, aprendo anche la porta della tua casa.
Talebani e Isis si contendono l’Afghanistan. In uno scenario di orrore, le prime vittime sono le donne costrette sin da bambine a essere date in spose a vecchi “potenti”. A loro di nuovo viene impedito di studiare e di lavorare. Possono uscire di casa solo col burqa e, se il percorso è superiore a 70 chilometri, solo in compagnia di un uomo. Se disubbidiscono possono essere lapidate. Accade ancora in molte parti del mondo. Che si fa? Si cerca di raggiungere quelle donne, di sostenerle, di garantire loro nascondigli, posti sicuri, assistenza legale, di farle fuggire dall’inferno, di salvare quelle coraggiose (meriterebbero il premio Nobel) che sfilano per le strade di Kabul senza burqa, a rischio della loro vita, reclamando quella libertà che dovrebbe appartenere a ogni essere umano. Sì, si aiutano queste donne anche raccogliendo e inviando il denaro necessario a difendersi dal terrore.
Nella tua città o nel tuo paese ci sono un migliaio e passa di migranti africani, afghani, pakistani, curdi che arrivano periodicamente per lavorare, sotto lo sfruttamento dei caporali, nelle campagne. Sono sperduti, molti non sanno parlare italiano. In quelle campagne alcuni (troppi) muoiono di fatica. Che fai? Apri uno sportello informativo per loro che non sanno districarsi nella burocrazia per ottenere un permesso di soggiorno, una tessera sanitaria, una casa, un contratto di lavoro legale e decente. Tu e gli altri volontari, mediatori, avvocati e interpreti, diventate punto di riferimento, risolvete problemi. Senza mai dimenticare di pretendere dalle istituzioni il rispetto della legge, perché tutti i cittadini sono uguali e hanno gli stessi diritti. Chiediamoci: il sindaco Mimmo Lucano era caritatevole o solidale nella sua Riace? Ha fatto ciò che andava fatto.
Torniamo indietro nel tempo (ma non di moltissimo), dopo l’8 settembre del 1943: intere famiglie si ritrovarono nei dintorni di casa loro soldati italiani sporchi, stremati, affamati, ma che avevano fatto una scelta precisa. Aprirono le loro porte, li sfamarono, li curarono e li fecero riposare anche a costo della loro vita, perché quei giovanissimi erano pronti a salire in montagna per essere partigiani, sfidando i nazisti e i fascisti. Per fare la Resistenza: molti sino alle estreme conseguenze, molti sacrificando la loro vita. Rappresentavano il modello massimo di solidarietà le partigiane e i partigiani, nei confronti delle loro compagne e dei loro compagni, nei confronti del loro popolo e del loro Paese lacerato dalla crudeltà degli spietati nazisti e della dittatura fascista.
Come vogliamo definirlo questo sentimento, questo modo di essere che fa parte degli esseri umani? Questa era ed è ancora oggi solidarietà. È solidarietà anche quella cattolica dei parroci che aprono le porte della chiesa a persone perse, disorientate, italiane o straniere che siano. Una solidarietà, tanto umana quanto, oggi più che mai, rivoluzionaria. Forse non rende l’idea neanche definire ciò che è accaduto da sempre e accade ogni giorno come “buone pratiche”. Non sono buone, sono naturali. Sono pratiche che dovrebbero appartenere non a minoranze, ma all’umanità tutta, spontaneamente. La persona e la sua tutela restano e resteranno sempre al centro del nostro vivere ed agire.
Non c’è tempo da perdere se ci sono vite da salvare, non c’è da chiedersi se questo agire appartiene a una definizione o a un’altra. È umanità, è predisposizione a intercettare le emergenze e a non far finta che non esistano. A forzare in senso contrario questo istinto è sempre stata una politica feroce, una manipolazione fascista, oltre che razzista, verso tutti i più deboli, per razza, condizioni economiche, precarietà di vita. Una politica che punta a creare guerre fratricide tra coloro che invece dovrebbero allearsi: una politica che bisogna combattere perché contraria all’articolo 2 della Costituzione italiana che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Lo statuto dell’Anpi impone di concorrere alla piena attuazione, nelle leggi e nel costume, della Costituzione italiana, frutto della guerra di Liberazione, in assoluta fedeltà allo spirito che ne ha dettato gli articoli. La solidarietà è parte integrante di quello spirito. Tale pensiero è stato ripreso anche nel documento del 17° congresso nazionale dell’Anpi che si è svolto a Riccione nel marzo scorso. Anpi è da tempo impegnata a “superare ritardi storici e disuguaglianze accresciute, per ricostruire un clima di fiducia, libertà, eguaglianza, democrazia, solidarietà, pace: sono questi i pilastri valoriali della Resistenza, successivamente incarnati nella Costituzione”.
E, a proposito della grande alleanza per la persona, il lavoro, la società: “La stagione congressuale dell’Anpi mette a tema ‒ in stretto dialogo con la società e la politica ‒ il Paese, la forza della democrazia, un ruolo e un orizzonte nuovo dello Stato. La piena realizzazione della Costituzione, assumendo l’art. 3 come timone di tutta la rotta da percorrere, è la condizione culturale, ideale, politica nel senso più alto del termine, per il non breve impegno di ricostruzione del Paese su basi più avanzate e solidali”. Una relazione poi arricchita dal presidente nazionale dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo che, tra l’altro, ha fatto riferimento alla fraternité della Rivoluzione francese. Allora, diamo il benvenuto alla nuova generazione di antifascisti: tra loro, la ventenne Gaia che mette a frutto i suoi saperi, toglie faticosamente spazio e tempo all’impegnativo studio universitario per tenere lezioni di inglese a tre bravi bambini di un’altra nazionalità. Benvenuta in Anpi, Gaia. Restaci perché l’antifascismo è forza, coraggio, cuore e solidarietà. Restaci perché la Resistenza è un bel futuro.
Tea Sisto, presidente sezione Anpi Brindisi
Pubblicato mercoledì 22 Giugno 2022
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