Le manifestazioni di gruppi nazifascisti si moltiplicano continuamente, e rendono ormai necessaria una risposta di duro, pur se sempre legittimo, contrasto da parte di chi ha il dovere di intervenire. Anche se la sola repressione penale non è certo sufficiente ad arginare il fenomeno, essendo necessario altresì un costante impegno culturale di approfondimento storico, etico e civile, che va iniziato fin dalla scuola.
Non mancano le condanne
Innanzitutto va smentito che, come sostenuto e ribadito di recente, manchino le condanne definitive, perché anche le discutibili decisioni di proscioglimento hanno concordato nel ritenere che un certo tipo di manifestazioni – cortei chiassosi, inni, condotte ed espressioni tipiche del regime fascista – vanno ritenute in violazione della legge Scelba.
Inoltre in alcune sentenze vi sono già state condanne per cortei, saluti, espressioni chiaramente ispirati al regime fascista (fatti verificatisi in occasione di commemorazione e in memoria delle vittime delle “foibe” a Bolzano il 10 febbraio 2009, in una celebrazione organizzata dall‘Associazione Casa Pound).
Ma il filo del ragionamento va individuato nello stretto collegamento, secondo le decisioni della Cassazione, tra tutte le leggi che si occupano di questa materia, cioè, oltre alla legge Scelba, anche la legge Mancino del 1993, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa, e quella Reale del 1975, in parte modificata da una legge del 2006, in applicazione della convenzione internazionale sull‘eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. In sostanza la sentenza più recente della Cassazione, del 2010, decidendo su un caso (lettere di dura protesta per una riunione dell’organizzazione Forza Nuova, in Trieste il 3 novembre del 2000, e denunce per diffamazione da parte del segretario di Forza Nuova), ha affrontato lungamente il problema del collegamento della associazione Forza Nuova – dichiaratamente ispirata all‘ideologia fascista – al regime nazista e ai crimini contro l’umanità commessi dai nazisti. La conclusione della sentenza, netta e senza decisioni contrarie successive, è che con l‘emanazione delle leggi razziali del 1938, il regime fascista si era completamente adeguato alle ideologie e alla concrete manifestazioni naziste di feroce discriminazione razziale. Dopo questa decisione non è più possibile distinguere tra organizzazioni e/o manifestazioni neo fasciste e analoghe organizzazioni naziste, e neppure negare la sostanziale adesione ad ideologie razziste e xenofobe di ogni organizzazione ispirata al regime e alle manifestazioni del regime fascista. Quindi non è più possibile leggere i divieti e quindi considerare i reati puniti dalla legge Scelba come riferibili esclusivamente alla ricostituzione del “disciolto partito fascista”, come si legge nella Costituzione, emanata nel 1948, quando cioè non era prevedibile che settant’anni dopo potessero sorgere movimenti i quali, attenti (e neppure sempre) a non usare termini colpevolizzanti, tuttavia nella pratica si ispirassero proprio alle idee fondanti del regime fascista.
Perciò, concludendo sul punto, è vero che mancano ad oggi le condanne per riorganizzazione del disciolto partito fascista – ipotesi difficile da accertare in mancanza di condotte esplicitamente rivolte a tale scopo – ma è anche vero che ci sono state condanne per manifestazioni fasciste, più facilmente identificabili, e comunque sentenze definitive che hanno equiparato il richiamo al fascismo con quello al nazismo, data l’identità tra i due regimi quanto meno sul piano della più feroce xenofobia e discriminazione razziale. Tanto dovrebbe/potrebbe bastare per ritenere attuale il pericolo di riorganizzazione del partito fascista non storicamente individuato, ma alla luce della situazione sociopolitica odierna dell’Italia.
Intanto si può già cominciare ad agire
Certamente in materia sono da apprezzare e indicare ad esempio le decisioni, abbastanza numerose ormai, con le quali i Comuni subordinano la concessione di spazi pubblici per affissioni a richiedenti che, rifiutando le ideologie richiamantesi al fascismo, si pongano in sintonia con i valori fondanti della Costituzione. E una prima pronuncia del giudice amministrativo (TAR Lombardia, sez. di Brescia) ha rigettato il ricorso di Casa Pound contro una decisione di questo tipo del comune di Brescia (v. l’ordinanza all’allegato 2).
Ma ancora più importante mettere in evidenza che le leggi prevedono la possibilità che si verifichino casi straordinari di necessità ed urgenza, e indicano rimedi specifici.
La legge Scelba, in tali casi, prevede che il governo intervenga con un decreto legge, sciogliendo l’organizzazione e confiscandone i beni. La stessa legge, all’art. 8, che si intitola “Provvedimenti cautelari in materia di stampa”, prevede che nelle ipotesi di apologia del fascismo (art. 4 medesima legge), in casi di “assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria” gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere al sequestro dei giornali e delle altre pubblicazioni, in attesa della convalida giudiziaria.
La legge Mancino va oltre. Infatti secondo il suo articolo 7, quando si procede per reati previsti o dall’articolo 3 stessa legge o dall’articolo 3 delle legge del 1975, quando, cioè, vengono commessi reati con finalità di discriminazione o di odio etnico (legge Mancino), oppure si istiga, in qualsiasi modo, a commettere violenza o “atti di provocazione alla violenza per motivi razziali,etnici, nazionali o religiosi, o si dà vita ad organizzazioni che abbiano, tra i propri scopi, l’incitamento alla discriminazione o alla violenza “ per gli stessi motivi” (legge Reale del 1975), si può procedere cautelativamente, cioè in via provvisoria alla sospensione di ogni attività dell’associazione, con richiesta al giudice competente.
Ma già all’articolo 5 è prevista la possibilità per gli ufficiali di polizia giudiziaria di procedere, in casi di particolare necessità ed urgenza, e dandone notizia al Procuratore della Repubblica per la convalida, dalla perquisizione di un immobile che, secondo concreti sospetti, sia utilizzato come luogo di riunione, di deposito o di rifugio o “per altre attività comunque connesse al reato” (uno di quelli indicati all’articolo 7).
Se si accetta la tesi della applicabilità della legge Mancino anche a quelle condotte non pienamente inquadrabili nelle ipotesi della legge Scelba (come dimostrato al punto precedente), allora bisogna concludere che è possibile procedere anche in via provvisoria alla sospensione di ogni attività associativa.
Quindi sono necessarie condanne definitive per procedere alla scioglimento (e alla confisca dei beni) con provvedimento del governo, che nei casi di urgenza può essere un decreto legge, ma non sono necessarie condanne per adottare provvisoriamente lo stesso provvedimento nei casi più gravi, indicati puntualmente dalla legge.
Per concludere si può ritenere che effettivamente, se si vuole reagire alla odierna situazione di innegabile gravità, è possibile procedere provvisoriamente nel casi più gravi – con successiva richiesta al giudice – sia al sequestro di giornali e pubblicazioni contenenti apologia del fascismo, sia alla sospensione dell’attività associativa, in attesa del definitivo provvedimento di scioglimento e confisca dei beni. (v. le norme di riferimento all’allegato 1)
Ferma restando la necessità di una convinta e costante pratica culturale che faccia comprendere il contrasto irrimediabile tra queste ideologie e la radice stessa della Costituzione della Repubblica.
Vito D’Ambrosio, magistrato
ALLEGATO 1
NORME DI RIFERIMENTO:
Legge n.645 del 20 giugno 1952 (Legge Scelba)
Art. 8. Procedimenti cautelari in materia di stampa
Anche prima dell‘inizio dell‘azione penale, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro dei giornali, delle pubblicazioni o degli stampati nell’ipotesi del delitto preveduto dall’art. 4 della presente legge. Nel caso previsto dal precedente comma, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro dei giornali e delle altre pubblicazioni periodiche può essere eseguito dagli ufficiali di polizia giudiziaria, che debbono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, farne denuncia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto. Nella sentenza di condanna il giudice dispone la cessazione dell’efficacia della registrazione, stabilita dall’art. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, per un periodo da tre mesi a un anno e, in caso di recidiva, da sei mesi a tre anni.
Decreto Legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modifiche dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 (Legge Mancino).
Art. 5. Perquisizioni e sequestri
1). Quando si procede per un reato aggravato ai sensi dell’articolo 3 o per uno dei reati previsti dall’articolo 3, commi 1, lettera b), e 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, l’autorità giudiziaria dispone la perquisizione dell’immobile rispetto al quale sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che l’autore se ne sia avvalso come luogo di riunione, di deposito o di rifugio o per altre attività comunque connesse al reato. Gli ufficiali di polizia giudiziaria, quando ricorrano motivi di particolare necessità ed urgenza che non consentano di richiedere l’autorizzazione telefonica del magistrato competente, possono altresi ‘ procedere a perquisizioni dandone notizia, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore, al procuratore della Repubblica, il quale, se ne ricorrono i presupposti, le convalida entro le successive quarantotto ore.
Art. 7. Sospensione cautelativa e scioglimento
- Quando si procede per un reato aggravato ai sensi dell’articolo 3 o per uno dei reati previsti dall’articolo 3, ((commi 1, lettera b), e 3,)) della legge 13 ottobre 1975, n. 654, ((o per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962,)) e ((sussistono concreti elementi che consentono di ritenere che l’attività di organizzazioni,)) associazioni, movimenti o gruppi favorisca la commissione dei medesimi reati, può essere disposta cautelativamente, ai sensi dell’articolo 3 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, la sospensione di ogni attività associativa. La richiesta è presentata al giudice competente per il giudizio in ordine ai predetti reati. Avverso il provvedimento è ammesso ricorso ai sensi del quinto comma del medesimo articolo 3 della legge n. 17 del 1982.
- Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengono meno i presupposti indicati al medesimo comma.
- Quando con sentenza irrevocabile sia accertato che l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi abbia favorito la commissione di taluno dei reati indicati nell’articolo 5, comma 1, il Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ordina con decreto ((lo scioglimento dell’organizzazione, associazione)), movimento o gruppo e dispone la confisca dei beni. Il provvedimento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 3. Circostanza aggravante
- Per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di ((organizzazioni,)) associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, la pena è aumentata ((fino alla metà)).
- Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98 del codice penale, concorrenti con l’aggravante di cui al comma 1, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante.
Legge 13 ottobre 1975, N.654 (Legge Reale)
Art. 3
1, lettera b) è punito (…) chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
3. È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Legge 9 ottobre 1967, n. 962 Prevenzione e repressione del delitto di genocidio
Legge 25 gennaio 1982, n.17:
Norme di attuazione dell’articolo 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento della associazione denominata Loggia P2
Art. 3
Qualora con sentenza irrevocabile sia accertata la costituzione di una associazione segreta, il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio stesso, ne ordina con decreto lo scioglimento e dispone la confisca dei beni. Il decreto di cui al comma precedente è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. In qualunque stato e grado del procedimento, qualora vi sia pericolo nel ritardo, il procuratore della Repubblica presso il giudice competente per il giudizio, anche su istanza del Governo, può richiedere che sia cautelativamente disposta la sospensione di ogni attività associativa.
Il provvedimento è adottato dal giudice competente per il giudizio, in camera di consiglio, in contraddittorio delle parti, entro dieci giorni dalla richiesta. Avverso il provvedimento di cui al comma precedente è ammesso ricorso, anche per motivi di merito, alla Corte di cassazione, che decide, in camera di consiglio e in contraddittorio delle parti, entro dieci giorni dalla presentazione dei motivi del ricorso stesso.
Il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato. Il Governo riferisce immediatamente alle Camere sulla presentazione dell’istanza prevista dal terzo comma.
ALLEGATO 2
- 00045/2018 REG.RIC. Pubblicato il 08/02/2018
- 00068/2018 REG.PROV.CAU. N. 00045/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 45 del 2018, proposto da: Associazione di Promozione Sociale Casapound Italia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall‘avvocato Domenico Di Tullio, con domicilio eletto in Brescia, presso lo studio Leonardo Peli, via Gramsci, n. 28;contro Comune di Brescia, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Moniga e Andrea Orlandi, con domicilio eletto in Brescia, presso lo studio Andrea Orlandi, Corsetto Sant ‘Agata, 11/B;
per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia,
– della delibera della Giunta Comunale di Brescia n. 781 del 19 dicembre 2017, avente ad oggetto “Indirizzi in merito alla concessione di spazi ed aree pubbliche, sale ed altri luoghi di
riunione di proprietà comunale”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Brescia;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento
impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2018 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Premesso:
– che l’atto impugnato è rappresentato dall’atto di indirizzo con cui la Giunta comunale ha dettato precise indicazioni da seguirsi nella concessione di spazi ed aree pubbliche, sale ed altri luoghi di riunione di proprietà comunale;
– che tale atto è ritenuto illegittimo, dall’associazione ricorrente, nella parte in cui prescrive che ai soggetti richiedenti la concessione di uno spazio pubblico per lo svolgimento della propria attività sia richiesto di dichiarare di “ripudiare il fascismo e il nazismo”;
– che la questione non può essere correttamente affrontata se non tenendo conto che, nella sua formulazione integrale, il Comune richiede agli interessi di dichiarare di “riconoscersi nei principi e nelle norme della Costituzione italiana e di ripudiare il fascismo e il nazismo”;
– che, secondo l’Amministrazione resistente, tale prescrizione rappresenterebbe una vera e propria endiadi, nel senso che l’accoglimento dei principi e nelle norme costituzionali non sarebbe scindibile rispetto al ripudio del fascismo e del nazismo;
Considerato:
– che la XII disposizione transitoria recita: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”;
– che il contenuto di tale disposizione è ulteriormente chiarito dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (cosiddetta legge Sceiba) che, in materia di apologia del fascismo, sanziona «chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, e «chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”;
– che l’insieme dei principi fondamentali, delle libertà costituzionali e, più in generale dei diritti e doveri del cittadino di cui alla Parte I della Costituzione esclude totalmente la tollerabilità, da parte dell’ordinamento italiano, di comportamenti riconducibili all’ideologia fascista;
Ritenuto, pertanto, che la specificazione richiesta del Comune in ordine al ripudio delle ideologie fascista e nazista, fosse, in concreto, di per sé, superflua o meramente confermativa, in quanto lo stesso riconoscimento dei principi e nelle norme della Costituzione italiana implica, implicitamente, il rigetto dell’ideologia fascista che con essi inevitabilmente contrasta;
Considerato, per converso, che la stessa Associazione ricorrente ha sottolineato, nel ricorso (a pag. 4), come il rifiuto di effettuare la contestata dichiarazione “non possa significare che CasaPound Italia non rispetti il sistema delineato dalla Costituzione italiana e non accetti il metodo democratico che questa individua quale modalità attraverso la quale concorrere alla determinazione della vita politica”;
Precisato che, contrariamente a quanto scritto nel ricorso, all’Associazione ricorrente non è stato richiesto di dichiarare di “condividere i valori dell’antifascismo”, bensì di ripudiare l’ideologia fascista e cioè, secondo il significato da attribuirsi al verbo utilizzato (ovvero disconoscere come proprio qualcuno o qualcosa a cui si è legati da vincoli giuridici, affettivi o di parentela), di disconoscere un vincolo con l’ideologia fascista, la cui affermazione sarebbe, invece, evidentemente incompatibile con la dichiarata volontà di rispettare i principi costituzionali;
Ritenuto, pertanto, che la richiesta di dichiarare di ripudiare l’ideologia fascista non possa essere qualificata come lesiva della libertà di pensiero e di associazione, dal momento che se tale libertà si spingesse fino a fare propri principi riconducibili all’ideologia fascista sarebbe automaticamente e palesemente in contrasto con l’obbligo e l’impegno al rispetto della Costituzione italiana e che, dunque, l’aver subordinato l’accesso agli spazi pubblici all’avversata dichiarazione, seppur in parte ridondante, non possa comunque essere considerata contraria alla legge e, dunque, espressione di un eccesso di potere;
Considerato che le disposizioni in questione non incidono sul regolamento di polizia urbana e la previsione della loro immediata esecutività non può inficiarne, di per sé, la legittimità;
Ravvisata, alla luce di tutto ciò, la carenza dei presupposti per la concessione della richiesta misura cautelare, non risultando il ricorso assistito da sufficienti elementi di fumus boni iurir,
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), respinge l’istanza cautelare presentata in uno con il ricorso in epigrafe indicato.
Compensa le spese della presente fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2018
Pubblicato giovedì 22 Febbraio 2018
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