A Roma, nel parco Virgiliano, la lapide dedicata a Ugo Forno, il partigiano bambino caduto in combattimento all’età di 12 anni, è circondata da tanti giovani volti. Più in là, le teste candide degli anziani, coloro che durante la Resistenza avevano la stessa età di quei ragazzi.
Il medagliere dell’Anpi Lazio campeggia fra gli alberi. Nell’aria le note di Bella Ciao.
Comincia la cerimonia in omaggio al piccolo eroe. A volerla fortemente è stato il presidente nazionale dei partigiani italiani, Gianfranco Pagliarulo.
Una commemorazione dal grande significato simbolico, per la prima iniziativa pubblica scelta per avviare il mandato. Nel programma di lavoro presentato il giorno dell’elezione, appena otto giorni fa, Pagliarulo, aveva indicato proprio nelle nuove generazioni e nella cultura la bussola della futura attività.
E pur rispettando rigorosamente la formalità e l’etichetta dettate da una celebrazione alla presenza delle istituzioni, rappresentate dalla minisindaca del II Municipio di Roma, Francesca Del Bello, il presidente Anpi è intervenuto con una modalità inconsueta. Dopo aver deposto un mazzo di fiori alla base della lapide, con una lettera appello si è rivolto direttemante al più giovane Caduto della lotta di Liberazione. «Ughetto: io ti chiedo, mi chiedo, e chiedo alle istituzioni – ha detto il presidente dell’Anpi –, perché a Roma, la Capitale d’Italia, non si fa un monumento a quei ragazzi, i ragazzi della Resistenza? Sì, dedicato proprio a te e a quelli come te. Come i tanti altri ragazzi caduti per la difesa di Roma”.
I nomi: Carlo Del Papa di 14 anni non ancora compiuti; Antonio Calvani di 16 anni; Maurizio Cecati di 17 anni; Nello Di Mambro, caduto nel giorno del suo diciottesimo compleanno; Salvatore Lo Rizzo di 18 anni; Carmelo Coco di 19 anni, Augo Codani, di 16 anni, caduto il 23 settembre 1943”.
Ma nel resto d’Italia ci sono “mille, diecimila, centomila ragazzini” che la memoria democratica ha dimenticato, ha sottolineato il presidente Pagliarulo: “come gli scugnizzi delle quattro giornate di Napoli. Come le migliaia di giovani delle brigate partigiane del nord”. E chissà quanti ragazzi erano a Bologna, 76 anni fa: «Quando i partigiani del Settimo Gap sconfissero i nazifascisti e riuscirono a sfuggire infliggendo al nemico gravi perdite». Giovani come Mario Fiorentini, il gappista capitolino divenuto nel dopoguerra insigne matematico, al quale il presidente nazionale Anpi ha inviato gli auguri per il compimento di ben 102 anni.
Oppure ragazzi uccisi appena sedicenni dalla mano nazifascista come nella struggente poesia di Joyce Lussu “Mio figlio è tra i morti”, recitata dalla giovane attrice e scrittrice Maria Antonia Fama, accompagnata dal sottofondo musicale di un brano di Ludovico Einaudi. Perché antifascismo, appunto, è anche cultura.
Una sollecitazione quella dell’Anpi a non dimenticare quei tantissimi ragazzi pensando ai giovani di oggi. Un richiamo più che dovuto, perché finora il ricordo di molti di quei ragazzi è stato coltivato solo da familiari e persone di buona volontà.
Senza lo scrittore Felice Cipriani, per esempio, forse non avremmo mai saputo che a Ugo Forno, la mattina del 5 giugno ’44, nelle ore in cui Roma si liberava, era arrivata voce che i tedeschi, in fuga precipitosa verso il nord, stavano piazzando cariche esplosive sui tralicci di un ponte ferroviario. Se fosse saltato, sarebbero riusciti a rallentare l’entrata in città degli Alleati. Così Ughetto prese alcune armi, forse trovate in strada nei giorni precedenti, radunò un gruppo di ragazzini e fece fuoco sui guastatori tedeschi. I militari reagirono.
E grazie alle ricerche storiche di Cipriani, alla memoria dell’eroe bambino nel 2013 è stata conferita la medaglia d’oro al merito civile.
Ma la lapide che lo ricorda è stata posta non dalle istituzioni, bensì dai familiari e dagli amici, riunitisi in associazione. Che continua a operare affinché quel patrimonio di coraggio non vada perduto, ha spiegato ringraziando l’Anpi per l’iniziativa, il nipote di Ugo, Fabrizio Forno.
La maggior parte di chi impugnò le armi per combattere l’occupazione aveva la stessa età di Giorgio Carratta, coordinatore della Rete degli studenti sedi romani a cui, stamattina è appunto spettato il compito di fare gli onori di casa e che per primo ha preso la parola: «Ughetto e tantissimi altri eroi erano giovani come noi – ha detto Carratta. E abbiamo gli stessi ideali per cui quei ragazzi hanno perso la vita –. Dobbiamo far nostro il suo esempio», ha concluso il rappresentate degli studenti invitando a 1 minuto di silenzio in omaggio a Ughetto.
Un intervento conciso al pari degli altri in rispetto alle norme anti-covid. Poi è stata la volta della presidente del municipio, Francesca Del Bello. «Siamo in un quartiere antifascista – ha spiegato la minisindaca –, dove molti luoghi raccontano di libertà e democrazia». In un tratto del vicino Lungotevere fu rapito Giacomo Matteotti, in una strada nei pressi del parco Virgiliano, nel quartiere Italia, visse Antonio Gramsci, prima di essere arrestato e di morire. E molte delle strade che portano all’area verde dove c’è la lapide di Ughetto furono percorse da Eugenio Colorni, tra gli autori del manifesto di Ventotene. Ma tutta la città ha un’anima antifascista, ha ricordato Del Bello. Da sempre.
Ecco, allora, l’urgenza della petizione dell’Anpi. «Perché oggi ci sono i neofascisti, i figli e i nipoti di quelli che ti hanno ammazzato, che vanno in giro per le piazze a incendiare e devastare – ha detto il presidente dei partigiani Pagliarulo –. Eppure c’è la Costituzione, c’è la legge Scelba, c’è la legge Mancino che ci dovrebbero proteggere da fascismi e razzismi d’ogni tipo. Ma non sempre si applicano».
Quei neofascisti che hanno messo a ferro e fuoco le città del Paese negando l’emergenza e la necessità dei provvedimenti del governo. «Come allora i nazifascisti uccidevano, così oggi il virus uccide – ha proseguito il presidente nazionale Anpi –. E non basta la pandemia, ci vuole pure la crisi economica per i provvedimenti presi, perché in qualche modo il killer nascosto lo dobbiamo fermare».
Con il corredo inevitabile di malessere, rancore, spesso rabbia. «Ed è bene che il governo, meglio, la Repubblica risarcisca tutti coloro economicamente colpiti dalla crisi e operi davvero per contrastare il dramma vecchio e nuovo di questo secolo: la povertà».
Quasi come al tempo della guerra, ha sottolineato Pagliarulo «ci sono famiglie che oggi non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena». La via d’uscita? «Unità e solidarietà. C’è bisogno di società, perché da solo nessuno ce la può fare». Necessario e prioritario un cambiamento a partire da un sistema economico-sociale che ha mostrato di essere alle corde e «che in tanti, a cominciare da Papa Francesco, vorremmo fosse davvero arrivato al capolinea». Investire sulla sanità pubblica, scuola pubblica, politiche del lavoro, è possibile «in Italia, in Europa e nel mondo solo se c’è una società organizzata, uno Stato attivo e presente, un sistema di istituzioni efficace». Perché come mai accaduto dal dopoguerra è in gioco il futuro di tutti.
Nell’intervento del presidente nazionale Anpi, più volte è ricorsa la parola “felicità”, da inserire tra i diritti conquistati con anni di lotte e immani sacrifici, fino all’estremo, e , rappresentati dalle bandiere che sventolavano nel parco Virgiliano: libertà, eguaglianza, democrazia, solidarietà, pace. Perché questo sintetizza il motto “l’umanità al potere”, ha detto ancora il presidente nazionale dei partigiani . E se l’Anpi, come il ponte di Ughetto, rappresenta la cerniera fra le generazioni di ieri e di oggi, per un domani migliore bisogna operare subito, qui e ora, ha concluso, Gianfranco Pagliarulo rivolgendosi ai ragazzi: «Dovete costruirlo voi, insieme. Perché voi siete il futuro».
Pubblicato sabato 7 Novembre 2020
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