Durante l’anno scolastico 2020/2021, nell’ambito del progetto “Memoria e Futuro-promuovere la conoscenza della Resistenza e dei valori della Costituzione”, proposto da Anpi Monza-sezione Gianni Citterio ad alcune classi del Liceo artistico Nanni Valentini di Monza, la classe 3E ha deciso di approfondire il tema delle donne partigiane in Brianza.
Con il supporto di Anpi Monza, la classe ha creato 25 cartoline dedicate a donne resistenti in Brianza o le cui vite si intrecciarono con il nostro territorio.
I ragazzi e le ragazze hanno approfondito l’importanza del ruolo delle donne nella Resistenza, non solo per il movimento di Liberazione nazionale, ma anche per gli anni successivi, caratterizzati da numerose conquiste. Prima fra tutte il diritto di voto attivo e passivo. A colpirli è stata anche la lentezza con cui le istituzioni hanno provveduto a modificare o cancellare le leggi più vessatorie nei confronti delle donne.
“Libere Sempre!” è il titolo del progetto, che è stato dedicato a due protagoniste delle lotte delle donne: Lidia Menapace e Carla Nespolo, purtroppo scomparse nel 2020.
Le cartoline sono diventate una mostra, grazie alla sezione Anpi Monza e all’Anpi provinciale di Monza e Brianza. Due copie saranno a disposizione delle sezioni per essere esposte. Dal 20 aprile al 4 maggio un’esposizione all’interno della biblioteca San Gerardo di Monza; dal 20 al 29 aprile anche in Villa Camperio a Villasanta.
La docente di lettere Silvia Gulfi, che ha seguito i ragazzi durante il progetto, racconta come si è arrivati alla scelta di questo tema e come è stato sviluppato. «Importante è stato il supporto di Anpi Monza, che attraverso la tutor Rossana Valtorta ha fornito il materiale cartaceo, i cataloghi della mostra “Brianza Partigiana” e tutto il patrimonio storico presente sul sito della sezione Anpi di Monza e sul sito Anpi provinciale Monza e Brianza. Abbiamo riflettuto con i ragazzi su quale aspetto della Resistenza avrebbero potuto focalizzare il loro lavoro ed è emerso l’interesse ad approfondire il tema delle donne partigiane perché ne avevano sentito parlare poco».
Una volta scelto il tema i ragazzi hanno studiato il contesto storico: la vita delle donne durante il regime fascista (la concezione di moglie e madre, gli impedimenti nello studiare alcune materie, la mancanza di diritti civili/politici ecc.) e poi quello che avvenne con lo scoppio della guerra. Donne che scelsero di prendere parte, di non restare a casa ad aspettare che qualcuno facesse finire il conflitto mondiale. Donne che effettivamente diedero il proprio contributo alla guerra di Liberazione. L’iniziale aiuto spontaneo si trasformò in qualcosa di diverso. Si organizzarono nei Gruppi di Difesa della Donna, entrarono nelle formazioni partigiane. Ebbero compiti diversissimi, fecero le staffette, trasportando armi, munizioni, approvvigionamenti, messaggi, fecero le infermiere in grado di curare i feriti, aiutarono i soldati allo sbando per un rifugio, per un cambio d’abito. Donne con e senza armi, di qualunque estrazione sociale, formazione, opinione politica, non stettero ferme, non furono indifferenti a ciò che stava succedendo. Donne che divennero soggetto attivo.
«Sebbene ogni ragazzo abbia vissuto questa esperienza in modo diverso – prosegue la professoressa –, certamente non li ha lasciati indifferenti Alcune ragazze sono state colpite anche dalla parte che è venuta dopo la Liberazione. Una cartolina è dedicata proprio alle più significative conquiste avvenute nel dopoguerra ottenute dalle donne. Si sono rese conto che tutti i diritti che noi oggi diamo per scontato, in realtà scontati non lo sono per niente, anzi sono il risultato delle lotte di chi ci ha preceduto. Sicuramente legare l’attualità alla storia è stato l’aspetto vincente. Abbiamo cercato di creare un filo tra il passato e il presente».
I ragazzi hanno lavorato sia sulla parte delle biografie sia sulla grafica con il professore di riferimento, Pietricig. Una volta scelto il formato delle cartoline, il compito per ciascun ragazzo è stato quello di scrivere le biografie adattandole allo spazio a disposizione sul retro, mentre sul fronte della cartolina hanno rielaborato una foto della partigiana a loro assegnata. Ogni ragazzo aveva anche il compito di elaborare un progetto di contenitore. Tra i tanti bellissimi, è stato scelto uno solo dei prototipi: quello che ricorda una busta da lettera.
La libertà di agire in autonomia, ma anche in sintonia tra tutti i giovani per un progetto finale, ha permesso loro di esprimersi scegliendo la grafica che ritenevano più adatta alla partigiana che era stata assegnata e la parte della biografia che più li aveva colpiti.
Nella serata di inaugurazione a Monza il 12 aprile all’interno della Biblioteca civica, con la presenza dell’assessore Pier Franco Maffè, la responsabile della Biblioteca Graziella Rotta, la docente Silvia Gulfi, la tutor Rossana Valtorta, cinque ragazze in rappresentanza della classe hanno raccontato commosse l’esperienza vissuta e descritto il lavoro. Numerosi anche gli studenti e i parenti presenti in sala. Abbiamo avuto anche l’onore di avere con noi Tiziana Pesce, che ha ricordato la mamma Onorina Brambilla Pesce, che nei locali dell’attuale Binario 7, a Milano, fu interrogata e torturata.
Rossana De Leo ed Emma Ronda, due delle studentesse autrici, raccontano quanto questa esperienza le abbia colpite, dopo un iniziale timore, perché è stato per loro il primo “lavoro” per un committente esterno, un lavoro che avrebbe potuto avere un seguito al di fuori dalle mura scolastiche, anche se nessuno si aspettava potesse esser stampato e addirittura diventare una mostra. «Ho avuto difficoltà – ha raccontato Rossana – a pensare a qualcosa che non mancasse di rispetto a queste donne e dare loro il giusto risalto. Spesso si parla solo degli uomini, quasi mai si sentono nominare le donne partigiane. Questo lavoro mi ha dato consapevolezza del presente. Mi resterà sempre dentro, sarà difficile da dimenticare la storia di Giovanna e di tutte le altre».
Vorrebbe trovare in sé la forza che hanno avuto le donne partigiane, dice Rossana: «Noi ci abbattiamo per cose banali. Noi non abbiamo vissuto la guerra in prima persona, ma in terza. Questo lavoro ci ha fatto crescere a livello umano, ma anche lavorativamente. Ho capito cosa mi piace di più del mio settore. Per esempio – continua a illustrare Rossana –, per Giovanna Valtolina ho scelto di utilizzare la linea semplice, per il colore dello sfondo ho scelto l’azzurro per trasmettere speranza, il rosso perché era il colore del simbolo dei deportati politici, mentre per la figura ho scelto toni scuri, perché era una donna matura, aveva 42 anni e figli quando fu deportata. La confezione che avevo creato era con un fiore rosso davanti con i vari nomi delle donne che avevamo studiato, e dietro vari fiori rossi».
Le chiedo cosa può fare l’Anpi per avvicinare le nuove generazioni come la sua: «Lavori come questi – risponde Rossana – aiutano i ragazzi a sensibilizzazione su questi temi. È importante la scuola certo, ma la famiglia ha il compito più importante per la trasmissione dei valori. A scuola oltre a studiare la storia per il voto, servirebbe fare uno studio apposito su questo tema. Questo lavoro mi ha insegnato a guardare in modo più oggettivo gli eventi. A studiare e controllare le fonti, non solo fidarmi della tv, avere il mio parere. Oggi vedo molta omologazione. Tra i politici vedo ancora la sessualizzazione della donna, l’omofobia, penso al ddl Zan. I giovani devono lottare per un futuro migliore. Noi siamo i testimoni della storia dei partigiani perché purtroppo per ragioni anagrafiche piano piano ci stanno lasciando. Noi siamo la generazione di mezzo tra quella passata e quella futura». Conclude Rossana, che si sta interessando alle iniziative dell’Anpi e vorrebbe continuare a partecipare: «Bisogna essere curiosi, avere gli occhi che di solito hanno solo i bambini».
Anche per Emma il progetto è stata un’esperienza importante: «Ognuno di noi l’ha vissuto in modo diverso – precisa –, naturalmente qualcuno più intensamente, non solo come un compito da fare. La cosa che mi ha colpito di più è stato proprio entrare in contatto con la vita della partigiana a me affidata, Jenide Russo, una donna mai conosciuta. Penso che ognuno di noi porterà per sempre dentro di sé’, chi più chi meno, lo spirito della donna partigiana che ha studiato. Nel nostro liceo della seconda guerra mondiale si parla spesso, ci sono stati vari incontri con testimoni. Sviluppare però il tema delle donne partigiane mi ha entusiasmato perché di loro non si parla mai. Il progetto mi è piaciuto molto e mi piacerebbe continuare ad approfondire la storia».
Pure a Emma chiedo cosa possa fare l’Anpi per rivolgersi ai giovani: «Dovrebbe trovare qualcosa che attragga i ragazzi, qualcosa che non sia ripetitivo. Questo progetto, per esempio, ha suscitato curiosità. Attualizzare anche ciò che accadde in passato con ciò che accade oggi». Infine Emma fa capire quanto il progetto abbia inciso nella sua storia personale: «mi ha fatto incuriosire sulla mia via familiare, ho chiesto alla mia famiglia informazioni su quel periodo storico».
Le ragazze raccontano di aver compreso quanto quelle donne, molte di loro coetanee, con scelte semplici e straordinarie, abbiano fatto in situazioni estreme per far finire la guerra e per avviare il percorso verso l’emancipazione femminile, certamente non ancora concluso ma che da allora ha fatto enormi passi in avanti.
Sono molto fiera del lavoro che Anpi fa nelle scuole, ogni progetto è un piccolo seme.
La memoria non deve essere solo un esercizio della mente, ma uno strumento che ci aiuti a comprendere la realtà. A cogliere i segnali di pericolo. I diritti non sono mai acquisiti per sempre, sta a noi averne cura.
Emanuela Manco, presidente Anpi Monza
Pubblicato lunedì 2 Maggio 2022
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