Armando Berretti, il carabiniere partigiano

Si chiamava Armando Berretti. Era un Brigadiere dei Carabinieri che tra fascismo e Resistenza scelse quest’ultima assumendo il nome di battaglia “Quattordici”. Una scelta che pagò con la vita perché venne fucilato dalle camice nere il 15 febbraio 1945. La figlia aveva due mesi quando suo padre veniva ucciso dai fascisti di Spiotta in località La Squazza. Quella bambina non avrebbe mai conosciuto il padre, ma lo ha cercato per tutta la vita. Oggi Maria Pia Berretti ha 81 anni da poco compiuti, ha deciso di venirci a trovare in sezione a Lavagna, perché sapeva che all’Anpi avrebbe trovato qualcuno che sarebbe stato interessato ad ascoltare la sua vita e quella di un padre che non ha mai avuto ma che è sempre stato con lei, nei suoi pensieri, dentro a quel plico di documenti e foto che parlano di lui, che stringe gelosamente tra le mani.

Questo racconto ha inizio in un luogo drammaticamente simbolico della storia d’Italia, la sua famiglia viveva in Toscana e più precisamente a Sant’Anna di Stazzema. Dopo l’8 settembre 1943, il Paese era spezzato in due dalla Linea Gotica, a sud l’esercito alleato di Liberazione, a nord i sodali di Mussolini con lo Stato fantoccio chiamato Repubblica Sociale Italiana, che spalleggiava l’invasore nazista. Qualcuno suggerì alla madre di spostarsi nel “genovesato”, perché ritenevano essere più sicuro della provincia di Lucca.

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Maria Pia non era ancora nata ma sua madre aveva già dato alla luce le due sorelle più grandi. Seguendo quel consiglio, si trasferirono nell’entroterra del Tigullio e più precisamente in un piccolo borgo della Val Graveglia, fu così che arrivarono a Statale. È il momento delle scelte e il Brigadiere Armando Berretti decide di combattere per la libertà della nazione, per consegnare alle tre figlie e alla moglie un Paese democratico.

Così nel luglio del 1944 Armando entrò nella Lotta di Resistenza, operando nella Brigata “Coduri” con il nome di battaglia “Quattordici”. Ironia della sorte proprio il giorno 14 del mese di febbraio 1945 accaddero i fatti che portarono poi il giorno dopo alla sua morte a Borzonasca. Cadrà nell’eccidio nazifascista de La Squazza, con altri 8 compagni della “Coduri” e uno della “Berto”. Era il 15 febbraio 1945, ottant’anni fa.

La brigata di Armando aveva una particolarità, operava molto vicino ai centri abitati, esponendosi così a maggiori rischi, ed era prevalentemente composta da esponenti vicini al Partito Comunista. La Brigata “Coduri”, che poi divenne Divisione dal 25 aprile 1945, non riceveva aviolanci così frequenti come invece accadeva ad altri gruppi, per questo tutte le cose che avevano (dal vestiaro ma soprattutto le armi), erano ottenute sottraendole al nemico con pericolose azioni militari. Le camicie nere, sotto il comando del vessatore Vito Spiotta, decisero di incendiare la casa dove viveva la famiglia di Armando.

Il padre Dante si raccomandò con il figlio di non intervenire, ma fu troppo forte la rabbia nel vedere la propria abitazione avvolta dalle fiamme che diede occasione agli uomini di Spiotta di trarlo in arresto proprio mentre si dirigeva verso l’abitazione, nel vano tentativo di salvarla. Queste e altre memorie sono state custodite da Maria Pia per ottant’anni, racconti che le fece sua madre anche per soddisfare la curiosità di quella bambina che ha voluto a tutti i costi conoscere suo padre anche attraverso i racconti di momenti così drammatici. “Mio padre l’ho cercato per tutta la vita, sono riuscita a portarlo con me quando abbiamo trasferito le sua ossa dal cimitero di Temossi a quello di Lavagna. I suoi resti adesso giacciono vicino al sacrario su cui è impresso il suo nome e quello dei suoi compagni di lotta”.

Matteo Brugnoli, presidente Anpi Lavagna e Valli Aveto, Sturla, Graveglia