Che fatica scrivere di te caro Giuliano! Sono giorni, anzi mesi che ci provo, da quel 6 settembre, ma quanto è difficile! Eri nella tua casa, ad attendere, spavaldo, la morte. La bronco-polmonite ti obbligava alle cure in ospedale, ti sei rifiutato, sei voluto stare a casa tua, in quel trionfo di ricordi e verità, per rimanere te stesso fino in fondo, per decidere fino all’ultimo di te stesso. Dovevi restare con la tua Vera, fino all’ultimo, e giacché lei non poteva seguirti, ogni attimo diventava essenziale, sei andato tu da lei. Che amore quello tuo con Vera, voluto, difeso e tenuto in piedi, senza esitazione in ogni cosa della tua vita, che era inevitabilmente anche sua. Insieme sul lavoro, insieme nella vita, insieme in quella nuvola eterna che si chiama sentimento.
In quella casa, dove tante volte mi hai accolto e tanti e tanti altri hai accolto, perché per te il dialogo, la nostra comunità era importante, in quella casa sei rimasto solo! Ora, è il momento di ricordarti, di omaggiarti, magari non lo vuoi, magari preferiresti una sigaretta da fumare di nascosto che un’iniziativa su di te, ma stavolta non decidi tu caro Giuliano, stavolta sei costretto a ricevere, a incassare il colpo del tributo che meriti, del nostro infinito amore, della gratitudine.
E ti pensiamo, se proprio non dobbiamo ricordarti, ti pensiamo come partigiano, tu, che non perdevi mai l’occasione di raccontarlo, non dimenticando l’origine della tua coscienza critica, della tua libertà di pensiero che ha poi fortemente caratterizzato il tuo cinema. Partigiano a 15 anni, con l’incoscienza di quell’età, perché è pur vero che ne dimostravi di più ma erano pur sempre 15 anni. Irrazionale, istintivo, fermato più volte dai tuoi compagni per salvarti la vita.
Eppure sei riuscito ad autoferirti: è il 24 aprile del ’45, nel momento dei festeggiamenti per la liberazione di Genova (che ricordi orgogliosamente essere stata una di quelle città che si è liberata da sola), a seguito dell’esplosione di una bomba balilla che avevi nei pantaloni. Le schegge che ti sono entrate nella pelle non ti hanno scalfito, anzi ti hanno permesso di darti ancora “più arie da martire partigiano”. E da partigiano parlavi della solidarietà della popolazione civile, che è la solidarietà che hai poi voluto sui tuoi set!
Eppure non confondevi realtà e finzione, semplicemente andavi fiero d’aver fatto il cinema liberamente, sfuggendo alla censura preventiva di quegli anni. Pensiamo ad Achtung! Banditi!, film del 1950 che segna l’esordio alla regia di Carlo Lizzani, e l’esordio tuo come attore (avevi vent’anni), fatto dopo l’infelice battuta dell’Andreotti di allora che invitava a chiudere i conti col passato e finirla coi “panni sporchi”, alludendo alla Resistenza come a un panno sporco; film messo in forse dalla totale mancanza di finanziamenti.
Eppure la risposta all’oblio, la reazione fu proprio della gente. Venne costituita la Cooperativa spettatori e produttori cinematografici – iniziativa unica al mondo – che permise la realizzazione del film. Ancora una volta fu la gente comune e lo spirito partigiano che segnò il passo “metalmeccanici, portuali, intellettuali, avvocati, professionisti, negozianti”, dirai, in migliaia parteciparono al finanziamento di quell’impresa. Le donne preparavano da mangiare per tutti, a dormire si andava presso la sede ANPI di “Ponte Decimo”.
L’entusiasmo sconfiggeva la paura di non farcela, bisognava arrivare fino in fondo, il film sarà il successo a tutti noto. In seguito parteciperai a Gli sbandati di Citto Maselli, sempre da attore, ponendoti il problema di coloro i quali avevano buttato via la divisa, avendo scelto la parte da cui stare: contro l’oppressore nazi-fascista. Poi approdi alla regia. Ricordavi con orgoglio l’avventura de L’Agnese va a morire, il primo film che ebbe il coraggio di parlare del ruolo preziosissimo delle staffette partigiane e che simbolicamente dici essere stato prodotto dalla gente di Romagna, tanta è stata la partecipazione popolare al film, esempio di un cinema che si faceva bene “senza troppi soldi”. Film distribuito da Gino Agostini, capo partigiano, a segnare il senso della missione!
I tuoi film sono stati tantissimi e mai banali. Il giocattolo e Tiro al piccione sono innovativi, senza trascurare la ricostruzione dei viaggi di Marco Polo, trasmessa dalla Rai. Nel cinema hai portato l’insofferenza verso le ingiustizie, come dicevi spesso “l’intolleranza”, inizio di ogni tragedia umana. Su tutti perciò vanno ricordati i tuoi film: Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno; autentici inni alla libertà della ricerca, della politica, del pensiero critico. I tuoi protagonisti, siano essi il filosofo nolano o i due anarchici italiani assassinati sulla sedia elettrica, rappresentano chi non vuole piegare la testa di fronte al dispotismo, alla soppressione dei diritti, alla cancellazione delle differenze e delle diversità; come anche ne Gli occhiali d’oro, film che tratta il tema scottante dell’omosessualità.
E quanta umanità mettevi in ogni cosa che facevi, come quando a seguito dell’ennesimo atto di discriminazione razziale, avvenuto a Minneapolis, in Minnesota, Usa, quando il quarantaseienne George Floyd morì perché un poliziotto gli aveva tenuto il ginocchio premuto sul collo per alcuni minuti, dopo avermi telefonato, indignato, ti mobilitasti, ci mobilitammo con l’ANPI e tante altre personalità della cultura e dello spettacolo per gridare forte il No al razzismo.
Eri questo caro Giuliano, che fino infondo hai lanciato un messaggio di unità, di coraggio, di ottimismo, di cambiamento, tu, che con Pasolini, Scola, Gregoretti, Monicelli, i fratelli Taviani ti sei sempre battuto per promuovere il cinema italiano, per tutelare il diritto non solo degli autori, ma anche delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo, Tu, che partigiano lo sei stato sempre, in ogni cosa che hai fatto, sappi per favore adesso incassare il colpo del vuoto che lasci, non facilmente colmabile dai ricordi o dai tuoi racconti.
Ancora rido quando penso a quando mi raccontasti che il tuo attore preferito, l’amico, il compagno Gian Maria Volonté, al quale eri legato dalla condivisione dei valori comuni, davvero “compagni” nel senso letterale della parola: colui con il quale si spezza e si condivide il pane; prima della scena del rogo del Giordano Bruno, venne a bussare alla porta della tua camera d’albergo, rimproverandoti che dormivi mentre lui all’indomani sarebbe andato a morire sul rogo e vedendo il tuo stupore decise di entrare in camera e passare la notte tra te e Vera. Rido e piango caro Giuliano, ma noi, simbolicamente, con la mente e col cuore, realizzo che siamo chiamati a ricordarti, per consegnarti all’eternità, per raccogliere il tuo messaggio di umanità e per ricordare ancora una volta che noi siamo quelli che non hanno paura della parola cultura e non avranno mai paura di pronunciarla!
Vincenzo Calò, segreteria nazionale Anpi
Pubblicato giovedì 22 Febbraio 2024
Stampato il 26/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/ci-guidavano-le-stelle/sulle-tracce-di-te-amico-partigiano-maestro-di-cinema-e-di-vita-giuliano-montaldo/