Era il 28 dicembre 1943 quando “negli occhi dei sette Cervi l’aurora si specchiò, dagli occhi fucilati il sole si levò”, scriveva Gianni Rodari, tra gli intellettuali del Novecento che hanno raccontato la vicenda dei sette fratelli partigiani fucilati dalle milizie fasciste insieme al loro compagno Quarto Camurri, ex repubblichino convertito all’antifascismo. Vennero uccisi al Poligono di Reggio Emilia come rappresaglia per l’assassinio di un funzionario della Rsi nel corso di un’azione partigiana, dopo un mese di prigionia e vessazioni subite al carcere politico dei Servi. Erano stati arrestati nella notte tra il 24 e il 25 novembre di quell’anno.

Per l’importante ricorrenza dell’80° è prevista per domani, sabato 25 novembre, un’iniziativa organizzata dall’Istituto Cervi. A Casa Cervi (Gattatico-Reggio Emilia), dalle 9 alle 13,30 nella Sala Maria Cervi si terrà il seminario Il Museo e l’impegno. Obiettivi e traguardi, dedicato al rapporto tra musei e sostenibilità e sui temi dell’Agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo Sostenibile. Nel pomeriggio, a partire dalle ore 15,30 nella Sala Genoeffa Cocconi (la madre dei sette fratelli), è in programma il concerto La musica nella memoria che sarà alternato a letture sulla Famiglia Cervi. Le iniziative sono a ingresso gratuito e aperte a tutti. Il seminario è riconosciuto dal Miur e la sua partecipazione è valida a livello nazionale per la formazione dei docenti. L’iniziativa ha avuto il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Gattatico e di Asvis (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile). Nel programma non mancano letture, alcune tratte anche dal libro che vi stiamo raccontando. Per il programma completo vedi la nota in calce.

Marco Paolini e i Mercanti di liquore (nella foto due dei tre componenti: Lorenzo Monguzzi, Piero Mucilli, Simone Spreafico)

“Sette stelle dell’Orsa come sette sorelle. I cani non potranno fucilare le stelle”, cantano Marco Paolini e i Mercanti di Liquore, reinterpretando la stessa poesia dello scrittore per l’infanzia che si unì alle file partigiane.

Altre straordinarie parole di autori e cantautori dedicate ai figli di Alcide e Genoeffa, sono raccolte nel libro “Nel mio cuore finì la loro storia”, eccezionale antologia curata da Morena Vannini dell’Istituto Alcide Cervi, che comprende anche approfondimenti storici e  biografici. Fornendo una visione ampia di un momento fondamentale della storia italiana: quello dell’esordio stragista della Repubblica di Salò contro la nascente Resistenza armata a cui prese parte una famiglia antifascista esemplare, divenuta uno dei simboli di tutto il movimento di Liberazione e radice del presente che parla alle nuove generazioni attraverso questa eccezionale opera.

Due illustrazioni di Valeria Cavallini, tratte dal libro. La prima è l’immagine che correda il testo della motivazione dettata dal partigiano Giovanni Serbantini con la quale venne conferita la Medaglia d’Oro a papà Cervi nel 1954, dove lo si chiama “vecchia Quercia coi tuoi sette rami. La seconda ritrae papà Cervi

E lo fa con i linguaggi espressivi contemporanei: street art, scrittura creativa, musica, fino ad esplorare il mondo dei social, proponendo laboratori finalizzati all’ampliamento e al dibattito sugli scritti riportati tra le sue pagine, evidenziando come è possibile elaborare ancora oggi, tra lo spazio educativo e quello creativo, l’esperienza resistenziale, abbracciando diverse discipline e modalità espressive. Alcuni dei testi presenti nel libro sono tratti dall’Archivio documentario della Famiglia Cervi che raccoglie e conserva la nutrita corrispondenza che, a partire dal 1945, Alcide Cervi ricevette dall’Italia e dal mondo intero. Lettere, biglietti, cartoline, componimenti artistici che testimoniano il profondo affetto popolare verso Alcide e la sua storia. Divenuto per tutti Papà Cervi, morì a 94 anni il 27 marzo 1970. Ai suoi funerali venne salutato da oltre 200 mila persone.

Dal libro, le firme di grandi personalità a testimonianza della sensibilità per una storia drammatica e insieme esemplare

Quella della famiglia Cervi è “una storia che colpisce, cattura l’attenzione, fa riflettere, non si dimentica”, afferma Liliana Segre nella prefazione del volume ricchissimo di opere e testimonianze “che servono ancora per ricordarci cosa è stato”.

Dal volume: Casa Cervi in una delle illustrazioni di Valeria Cavallini

Antifascisti della prima ora, l’orientamento politico dei Cervi parte con l’adesione al Partito Popolare del padre Alcide e si sposta durante il regime verso il Partito Comunista. Fu una militanza tesa al miglioramento della propria e altrui condizione sociale che si inserì in un processo più ampio con l’affermarsi nelle campagne, soprattutto in quelle del Centro Italia, dell’organizzazione di cooperative, case del popolo, mutue, leghe di resistenza, camere del lavoro, protagoniste di numerose lotte per il rinnovo dei patti agrari.

Il disegno al centro da “Negli occhi dei fratelli Cervi si rispecchiò l’aurora”

Gelindo, Antenore, Aldo, Ovidio, Fernando, Agostino ed Ettore – questi i nomi dei sette fratelli dal più grande di 42 anni al più giovane di 22 – furono contadini d’avanguardia: studiavano, sperimentavano, fallivano e riuscivano. Con Didimo Ferrari – partigiano e dirigente dell’Anpi reggiana – fondarono a Campegine una biblioteca popolare per stimolare i contadini a emanciparsi e si opposero all’ammasso imposto dal fascismo. Furono i primi nella zona a disporre di un trattore e di un mappamondo, divenuti una delle icone di Casa Cervi, oggi uno straordinario museo della storia dell’agricoltura, dell’antifascismo e della Resistenza, recentemente rinnovato e inaugurato lo scorso anno proprio nell’anniversario di quel drammatico 28 dicembre.

“Le idee politiche non se le erano trovate già in testa nascendo, i sette Cervi; ci erano arrivati ragionando e discutendo e leggendo, a poco a poco”, scriverà Italo Calvino in uno dei primi scritti del dopoguerra sui Cervi, pubblicato nel 1953 su Patria Indipendente e riportato nel volume.

Pagina dopo pagina, attraverso le parole di Sandro Pertini, Paride Ghidozzi, Mario Alighiero Manacorda, sembra di vederli questi sette fratelli, la sera, dopo il lavoro nei campi e nella stalla, seduti “con i pugni alle tempie intorno al tavolo” a leggere ognuno il proprio manuale di interesse: enologia, apicoltura, zootecnia, falegnameria, storia contemporanea, Dante, Omero, Virgilio. O mentre padre, madre e figli, prendono insieme le decisioni fondamentali. Lo raccontano con potenza anche le suggestive illustrazioni di Valeria Cavallini che accompagnano i lettori e le lettrici nella culla e punto di riferimento della storia democratica italiana.

La famiglia Cervi

Il giorno dell’arresto di Benito Mussolini il 25 luglio 1943 – i Cervi offrirono a tutto il paese con due quintali di fior di farina e venticinque chili di burro quella che diverrà la celebre “Pastasciutta Antifascista”, un atto impensabile in un luogo dove gli agrari furono il primo sostegno al fascismo. Ma pace e libertà non erano ancora arrivati. I Cervi lo sapevano. Dopo l’8 settembre, il loro fienile divenne deposito di armi, ma soprattutto riparo per i renitenti alla leva, disertori della Rsi, prigionieri di guerra riusciti a fuggire. Costituiranno “la banda Cervi” che agirà con alterne fortune sull’appennino reggiano. Il partigianato era però agli esordi, poco organizzato e decisero quindi di concentrarsi su azioni di sabotaggio, diffusione di stampa clandestina, reperimento di armi e munizioni. Intanto le informative si accumulavano sui tavoli della autorità.

Con ruoli e intensità diversi, tutta la famiglia partecipò alla lotta di Liberazione. Le donne di casa Cervi – la madre Genoeffa e le quattro mogli dei sette fratelli – furono, come le 35 mila insignite del titolo di partigiane, artefici dirette di questa rete di sostegno invisibile ma determinante: preparazione dei pasti, trasformazione di abiti militari in civili, cure ai malati e medicazioni ai feriti, attenzione e vigilanza indispensabili a garantire riservatezza e clandestinità al movimento. Nonché un grande lavoro per sostituire gli uomini nella quotidianità della stalla e dei campi, quando questi erano assenti perché latitanti o impegnati in attività della Resistenza.

Genoeffa Cocconi, la madre dei sette fratelli

Dopo la fucilazione dei sette fratelli la famiglia continuò a collaborare con i partigiani, ospitando uomini, nascondendo armi o fornendo mezzi. E lo fecero soprattutto le donne, visto che erano rimaste solo loro con Alcide. Mamma Genoeffa morì di dolore a meno di un anno di distanza dalla morte dei figli. “Non vi rimprovero o figli d’avermi dato tanto dolore, l’avete fatto per un’idea”, scriveva Piero Calamandrei in una commovente lirica riportata “Nel mio cuore finì la loro storia”. La sua bara fu portata fuori casa dalle quattro nuore. Anche in quella circostanza le donne colmarono il vuoto dell’assenza dei loro sette uomini, come fecero per tutto il resto della vita, nella famiglia e nella società.

La tragica fine dei fratelli Cervi iniziò all’alba del 25 novembre 1943, quando un plotone di camice nere circondò il podere, incendiandolo. Dopo un violento conflitto a fuoco, i sette fratelli si arresero. Non c’era altra scelta: in casa c’erano donne e bambini e nelle stalle il bestiame e alcuni ex prigionieri alleati a cui avevano dato riparo. Tutti gli uomini vennero condotti in carcere. Con loro anche il padre Alcide e il partigiano Camurri. Alcide, loro compagno di cella fino a quel 28 dicembre, rimarrà prigioniero fino al gennaio dell’anno seguente, quando il carcere verrà bombardato dagli Alleati. Solo allora saprà dalla moglie la tragica fine dei suoi ragazzi.

Papà Cervi trascorrerà ogni istante della sua vita a tramandare al mondo la storia della sua famiglia e dei suoi sette figli, perché diventasse parte di ognuno di noi, perché diventasse memoria collettiva. Racconterà questo “umanesimo di razza contadina”, scriverà Salvatore Quasimodo in una poesia che porterà in dono a casa Cervi e che fu l’architrave della Resistenza. Anche questo elemento viene spiegato con chiarezza dal libro dell’Istituto Cervi che parla con forza illuminante ai giovani, portando loro un grande esempio di libertà che fu determinato da una profonda padronanza delle proprie idee e del proprio lavoro.

Mariangela Di Marco, giornalista


 

NOTA. IL SEMINARIO DEL 25 NOVEMBRE

80° ANNIVERSARIO DELL’ARRESTO DEI SETTE FRATELLI CERVI

Istituto Alcide Cervi. Seminario. Il Museo e l’impegno. Obiettivi e traguardi. Dalle ore 9 alle ore 13,30 – Sala Maria Cervi. Il seminario, aperto a tutti, è riconosciuto dal Miur e la sua partecipazione è valida a livello nazionale per la formazione dei docenti, i quali possono iscriversi tramite la piattaforma S.O.F.I.A. (ID 87098). La prenotazione è facoltativa.

Concerto. La musica nella memoria. Ore 15,30 – Sala Genoeffa Cocconi. Il Museo di Casa Cervi è aperto dalle ore 10 alle 17 (biglietto di ingresso: 5 euro)

IL PROGRAMMA

IL MUSEO E L’IMPEGNO. OBIETTIVI E TRAGUARDI

Ore 9. Registrazione dei partecipanti

Ore 9,30. Saluti istituzionali

Albertina Soliani, Presidente Istituto Alcide Cervi, Luca Ronzoni, Sindaco Comune di Gattatico, Silvia Ferrari, Responsabile Sistema Museale Regione Emilia-Romagna

Ore 10,15. Interventi

Coordina: Paola Varesi. “I musei e le sfide della sostenibilità”, Paola Boccalatte; “La storia e le sfide della sostenibilità”, Luca Zanotta

A partire dalle ore 11, Alessia Remondini intervista Massimo Venegoni: Obiettivi e traguardi: il lavoro culturale, le maestranze, gli strumenti; Emma Nicolazzi Bonati intervista Anna La Ferla: Obiettivi e traguardi: fare ricerca, nutrire visioni; Chiara Pedretti intervista Gianluigi Mangiapane: Obiettivi e traguardi: patrimonio, equità, linguaggi

12,45. La parola al pubblico

13,15. Conclusioni: Luca Bosi, vicepresidente Cda Istituto Alcide Cervi