Ci vuole coraggio a lanciarsi con il paracadute, in tempo di guerra, dietro le linee nemiche. Ecco, proprio il coraggio non mancava a Maria Ciofalo, la prima partigiana paracadutista della Resistenza italiana. Era siciliana Maria Ciofalo: nata a S. Stefano di Camastra, attuale città metropolitana di Messina, il 6 marzo 1913, abitava in via Garibaldi 82, nella casa del padre Giovanni e della madre Giovanna Sortino. Il padre, seguendo la lunga e rinomata tradizione di S. Stefano, era un ceramista e possedeva inoltre un po’ di terra. La lungimiranza dei genitori porterà Maria a iscriversi alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli.

Via Garibaldi 82 a S. Stefano di Camastra, città metropolitana di Messina, dove il 6 marzo 1913 nacque Maria Ciofalo

E qui Maria, già trentenne, si troverà al momento delle famose Quattro giornate partenopee: anche se iscritta al Guf – agli universitari la tessera del gruppo giovanile fascista era data d’ufficio – Maria parteciperà attivamente al glorioso movimento di cacciata dei tedeschi dalla città. Quel movimento, organizzato dagli antifascisti e condotto dal popolo, libera Napoli ben prima dell’arrivo degli Alleati anglo-americani. Il comando inglese, di stanza a Napoli, contatta diversi partigiani che si erano distinti durante le Quattro giornate per utilizzarli nei servizi segreti. A questo punto la vicenda di Maria Ciofalo si intreccia ed è molto simile a quella di Maddalena Cerasuolo, altra nota partigiana. A metà del mese di ottobre del ’43 si presentarono a casa di questa due uomini in borghese, per invitarla a un incontro con un “pezzo grosso” della Special Force.

Vicenza 1944. L’agente del SOE (Special Operations Executive), Maria Ciofalo “Fiammetta – Stella” in missione
L’abitazione napoletana di Maria Ciofalo in via Pietro Trinchera 5

Quando Maddalena – ma lo stesso sarà avvenuto per Maria Ciofalo – si trovò davanti al pezzo grosso, si intimorì alquanto. Quello disse: “Signorina, vuole continuare questa pericolosa avventura con lo stesso coraggio dei giorni scorsi?”. Maddalena non stette a pensare troppo, voleva fare ancora qualcosa. Il pensiero andava a quelli che erano morti. Rispose di getto: “Sì, sono pronta. Cosa devo fare?”. Quando toccò a Maria, la sua motivazione dell’adesione fu secca: “Antifascista”. Così fu reclutata dal maggiore Malcom Munthe, la leader della missione in codice “Vigilant”.

Maria dovette lasciare la sua casa napoletana in via Pietro Trinchera 5, per seguire i corsi di addestramento del Soe, l’inglese Special Operations Executive. Il suo indirizzo di contatto sarà via Tibullo 10, Roma, nello stesso palazzo del Rione Prati che fu abitato dal noto attore comico napoletano Totò. Per diventare agenti segreti britannici occorreva trasferirsi a Monopoli, in provincia di Bari, dov’era il Quartier generale della Special Force voluta da Churchill. Da quel momento Maria sarà anche “Fiammetta”, nome di battaglia e di copertura; più avanti a volte prenderà anche il nome di “Stella”.

L’abitazione di Maria a Roma, nello stesso palazzo dove abitava il grande attore Totò

Il 30 dicembre del ’43, Maria Ciofalo alias Fiammetta è a Bastia, in Corsica; fa parte di un gruppo di quattro agenti del Soe, due uomini e due donne, sotto il controllo del capitano Dick Cooper. Gli agenti avrebbero dovuto essere infiltrati dietro le linee tedesche per via marittima. “Tutti brillavano per vivacità. Il loro irrefrenabile spirito aveva incluso ‘scherzi’ come lanciare granate a mano contro i tedeschi mentre venivano cacciati da Napoli”, scrisse Cooper. Questi però era preoccupato per le dinamiche del gruppo: tutt’e due gli uomini si innamorarono di Fiammetta, e questo li portò a sollevare la testa per gelosia reciproca. Ma non fu questo il motivo del fallimento di ben cinque tentativi di sbarco e infiltrazione degli agenti, Fiammetta compresa, nelle coste liguri. Varie cause, dalle condizioni meteomarine al fortuito avvicinamento di motovedette tedesche, convinsero il Soe a lasciar perdere il progetto di quella missione.

Maria Ciofalo alias Fiammetta e l’altra donna furono accompagnate a Napoli da Henri Boutigny. Ma la storia non finì lì: Ranieri, uno dei due uomini del gruppetto, abbandonò l’operazione corsa e i servizi segreti inglesi scoprirono che l’uomo si recava spesso a Brindisi, dove nel frattempo erano state trasferite le due donne della squadra. Infine, grazie alla sua accortezza femminile, Fiammetta passò le dovute informazioni: Ranieri era un fascista che non aveva assolutamente cambiato idea ed era pronto al tradimento. Le autorità inglesi presero i dovuti provvedimenti.

Poi arrivò il 17 luglio 1944. Dopo mesi di addestramento, quello era il giorno deciso per il lancio di Maria Ciofalo, destinata a diventare la prima paracadutista partigiana in Italia. Da Brindisi Maria Ciofalo era stata trasferita a Monopoli, dove frequentò un lungo corso di istruzione per agenti segreti. Nella base di Monopoli, fra l’altro, conosce Angelo Caracciolo, alias Gospool alias Terzo, che frequentava anch’egli i corsi di istruzione: sarebbe divenuto suo marito. Giunto il periodo della partenza per la missione in Veneto, denominata “Biplane” nell’ambito dell’operazione “Whitehorse”, Fiammetta venne infiltrata senza un radiotelegrafista, in quanto avrebbe usufruito di quelli già in loco visto che la missione avrebbe dovuto durare solo due settimane.

(Archivio fotografico Anpi nazionale)

Quando fu paracadutata sopra Grantorto, in provincia di Padova, trovò ad attenderla una quindicina di partigiani. Andò a cadere purtroppo nel Ceresone, un corso d’acqua che attraversa Grantorto, e dopo averla udita imprecare contro l’aeroplano, mentre era ancora attaccata al paracadute, il partigiano Giacomo Prandina esclamava: “Con questa qui cominciamo proprio bene!”.

Partigiani del territorio di Padova incotrano il Comando di Divisione (Archivio fotografico Anpi nazionale)

Aveva torto. Il riconoscimento della sua azione in Veneto venne il 23 settembre, sempre del ’44, da parte di un ufficiale inglese che la interrogò a Siena, al momento del suo rientro nelle linee alleate: “è una donna intelligente, coraggiosa, piena di risorse e di grande spirito (…) Non essendole stata assegnata nessuna specifica missione, venne addestrata per mettersi al servizio del Comitato di Liberazione Nazionale di Vicenza, e si presume quindi che ella stessa si sia attribuita la posizione di ufficiale di collegamento che agiva per conto del comando alleato, con l’autorità di intervenire su tutte le questioni partigiane”.

Negli oltre due mesi passati al di là delle linee nemiche, Maria Ciofalo alias Fiammetta aveva operato per l’unificazione di tutte le formazioni partigiane a prescindere dall’orientamento politico di ognuna. Il 24 luglio veniva accompagnata nei pressi di Bassano del Grappa, e incontrava il tenente “Mauro”, rappresentante del Pci, e con lui partecipava a una riunione nella quale erano presenti un certo Zini, comandante partigiano, e Gino Cerchio. In quell’occasione proponeva loro un piano di notevole impegno militare finalizzato a impedire la permanenza dei tedeschi nel settore pedemontano veneto, obbligandoli a una ritirata verso il Brennero, dove gli Alleati li avrebbero più facilmente costretti alla resa bombardando le strade in prossimità del confine austriaco. Il piano da lei proposto è quello denominato, nella letteratura resistenziale, come “Piano Vicenza”.

La questione del Comando Unico Militare era da molto tempo uno degli obiettivi principali dello Stato Maggiore dell’Esercito, dei comandi alleati e degli stessi partigiani, e nel gennaio 1944, nelle Marche, erano stati portati a termine alcuni tentativi per realizzarlo. Il CLNAI era da tempo orientato in questa direzione, ed aveva dato apposite indicazioni ai comandi militari regionali per costituirlo, mentre a Padova, nel luglio 1944, si era formata una struttura unitaria. La missione della Ciofalo si inseriva di fatto a pieno titolo in questa prospettiva, e seppur la scelta fu assunta con una iniziativa personale, essa si inquadrava in un programma che aveva ormai molti mesi di gestazione. La studentessa siciliana invitò quindi la Resistenza vicentina a implementare un intervento unitario in previsione della ritirata tedesca e dell’insurrezione, erroneamente ipotizzata nel settembre 1944.

Giunta al termine della missione, Maria Ciofalo alias Fiammetta, si recava a Vicenza e, in bicicletta, si avviava verso il Po, in provincia di Rovigo. Il passaggio del fronte tedesco, che nei documenti britannici viene descritto con ampiezza di particolari, fu molto rischioso: attraversato l’Adige raggiungeva Ficarolo, dove pernottava, e il giorno successivo raggiungeva Ferrara. Dalla città estense perveniva a Cotignola dove il partigiano e suo amico Piero Contro aveva un parente, attraverso il quale venne messa in contatto con un certo don Stefano del CLN, fermandosi una settimana per riposarsi e trovare un passaporto per il superamento del fronte. Il 23 settembre, aggirando i campi minati della Linea Gotica, raggiungeva infine la postazione della Field Security Service a Bibiena e, poco dopo, a Siena, il comando del Soe. Radio Londra trasmette il messaggio speciale “Una fiamma si è accesa nel cielo”, che conferma alla Resistenza veneta il suo arrivo al di là della Linea Gotica.

Partigiani in Veneto (Archivio fotografico Anpi nazionale)

Il 30 settembre Fiammetta venne trasferita alla base del Soe di Roma e ricevette un premio di 4.000 lire da spendere in abiti e altre 6.000 lire quale ricompensa per la missione svolta positivamente in territorio nemico. Da Roma raggiunse quindi il comando generale del Soe a Monopoli dove venne festeggiata come un’eroina. Il quartier generale della Soe la pagò 0,37 sterline al giorno; fu congedata il 13 gennaio 1945 con una liquidazione di 100 sterline, l’equivalente di quattro mesi di paga. Fu richiamata il 24 aprile del ’45, ma non entrata pienamente in servizio “owing to war situation developing so rapidly”. Quindi il 5 giugno 1945 viene sollevata da ogni incarico. Nella scheda di Maria Ciofalo alias Fiammetta, compilata dal servizio segreto inglese e conservata a The National Archives, alle note caratteristiche, si legge: “useful and reliable”.

L’ultima corrispondenza del fascicolo riguarda una sua richiesta avanzata, alla fine di giugno 1945, di assistenza per la restituzione di alcuni suoi libri universitari che aveva lasciato a Napoli, in cura al capitano Aurelio Buti, ufficiale italiano impiegato per il reclutamento degli agenti segreti del Soe. Il capitano Boutigny fu inviato per indagare su dove si trovassero e riferì che erano irrimediabilmente perduti (3 luglio 1945). Il risultato negativo indusse il Soe ad affermare che “non si ritiene che la questione possa essere approfondita”.

Il 10 dicembre 1955 Maria Ciofalo, 42 anni, e Angelo Caracciolo, 34 anni, si sposano ad Acireale. Angelo Caracciolo era nativo di Cammarata, in provincia di Agrigento; prima di diventare agente del Soe anche lui, era ufficiale in Jugoslavia. Da lì riuscì fortunosamente a salvare i suoi uomini prendendo il largo in direzione dell’Italia su un barcone di fortuna. Fu insignito di Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Successivamente fu eletto sindaco di Cammarata, il paese natio dove s’era trasferito con la famiglia. Caracciolo capeggiava una lista civica ed era di simpatie socialiste. Il 14 marzo 1957 nasceva Clementina, che l’Anpi messinese ha rintracciato e incontrato a Palermo il 10 maggio 2024. La dottoressa Clementina Caracciolo, già specialista in ematologia, ha un ricordo vivido e forte della madre, morta a 96 anni il 10 novembre 2009 e adesso sepolta al cimitero di Cammarata. Il valore del ricordo di Maria Ciofalo è stato sottolineato anche nella seduta del Consiglio comunale di S. Stefano di Camastra dell’11 maggio 2023.

Il 6 maggio 1971 la Commissione regionale triveneta per il riconoscimento della qualifica di partigiano, con verbale 386, la identifica ufficialmente come “partigiano combattente”. Nel Corpo Volontari della Libertà e nel “n. 1° Special Force”, la Commissione individua le formazioni di appartenenza e certifica il suo servizio dal 16 luglio 1944 al 30 aprile 1945. Non aveva perso una stilla della sua determinazione Maria Ciofalo nel corso della sua lunga vita: nel 1973 riesce a coronare i suoi studi, interrotti nel lontano ’43, laureandosi in Architettura all’Università di Palermo. La figlia Clementina ricorda che da bambina, a casa, lei giocava con un telo di seta ricavato da un paracadute; il resto del paracadute era diventato una camicia di seta. Maria Ciofalo, prima partigiana paracadutista della Resistenza, aveva trasformato un ricordo di guerra in un elegante capo d’abbigliamento civile.

Giuseppe Martino e Giuseppe Restifo, presidente e vicepresidente Anpi provinciale Messina


Bibliografia

  • Alessandro Carlini, Nome in codice: Renata, Utet, Novara 2023;
  • Gaetana Morgese, La guerra di mamma. Storia della partigiana Maddalena Cerasuolo, Marotta & Cafiero, Melito di Napoli 2014;
  • Bernard O’Connor, Churchill’s Italian Angels: The women who assisted the Special Operations Executive in Italy during the Second World War, Lulu Press, Raleigh 2023;
  • David Stafford, Mission accomplished. Soe and Italy 1943-1945, Lume Books, London 2020;
  • The National Archives – London, HS – Records of Special Operations Executive, HS 9/317 – Special Operations Executive personnel files. Informations on individual subjects;
  • Claudio Vallarini, “E cessata la pioggia”. Guerra segreta nella provincia di Rovigo e nel Veneto meridionale tra l’8.9.1943 e il 2.5.1945, Edizioni “La Lucertola”, Badia Polesine 2018.