“Io sono la rivoluzione, noi siamo la rivoluzione” è il grido che si leva dalla sala conferenze della Casa della Memoria e della Storia di Roma, in cui l’Anpi ha realizzato un’iniziativa in omaggio alla straordinaria figura di Lidia Menapace, scomparsa nel 2021. Durante l’evento è stato proiettato il docufilm Per Lidia Menapace. Appunti di viaggio a Bolzano di Massimo Tarducci e Andrea Bigalli.
Nel corso della serata, inoltre, hanno preso parte al dibattito coordinato da Marina Pierlorenzi, vicepresidente dell’Anpi provinciale di Roma, tanti che hanno condiviso l’impegno della partigiana e attivista, alcuni intervistati nel bel lungometraggio a lei dedicato: Francesco Palaia, responsabile nazionale delle politiche della Memoria dello Spi Cgil nazionale; l’intellettuale e presidente onoraria dell’Arci oltre che dirigente dell’Anpi capitolina, Luciana Castellina; la storica e critica dell’arte Michela Becchis; il presidente dell’Anpi provinciale di Roma, Fabrizio de Sanctis.
Lidia Menapace, all’anagrafe Lidia Brisca, nasce a Novara nel 1924 e vive la sua adolescenza nell’incubo della seconda guerra mondiale. Prende il cognome del marito, ma non per sottostare a qualche regola obbligata da una società patriarcale, ma perché “MenaPACE”, per Lidia, ha un significato evocativo ed è proprio a quel significato che impronta la sua esistenza, ha ricordato Palaia rievocando l’incontro tra lui, ragazzo appena quattordicenne, e la partigiana che avrebbe fortemente improntato la sua formazione per poi essere suo amico per tutta la vita..
Ancora giovanissima, Lidia entra nella Resistenza svolgendo un ruolo di grande rilevanza come staffetta. Con il nome di battaglia “Bruna”, sceglie di non trasportare armi ma solo il plastico, poiché far saltare un ponte o interrompere una ferrovia avrebbe significato evitare l’arrivo delle truppe nazifasciste e perciò ridurre il numero di vittime civili.
Quel periodo fa maturare in Lidia una spiccata coscienza politica grazie alla quale si impegna al fianco della Democrazia Cristiana, nelle fila della quale nel 1964 è eletta assessora nel consiglio provinciale di Bolzano, prima donna della storia a ricoprire quel ruolo. In quegli stessi anni diventa docente di lingua italiana e metodica degli studi letterari all’Università Cattolica di Milano, ma a seguito della sua pubblicazione, Per una scelta marxista, dichiaratamente filo-comunista, non le viene rinnovato l’incarico.
Nel 1968, conquistata dall’idea di rivoluzionare la società e la politica, nell’anno così convulso delle proteste, Lidia abbandona la Democrazia Cristiana con una lettera rivolta al segretario del partito Mariano Rumor, affermando che la differenza di visioni non le consentiva più di militare nella Dc.
Diventa quindi parte integrante e decisiva per la nascita e la storia de il Manifesto: come ricordato da Luciana Castellina, cofondatrice della rivista, quando le due si incontrarono per la prima volta ebbero un colloquio in cui si guardarono “con curiosità, come due animali di razze diverse”, per via del trascorso politico di Lidia nella Dc.
Non è voluto mancare all’incontro Vincenzo Vita, attuale presidente Amood, che un tempo condivideva insieme ad altri l’affitto della casa romana di Menapace.
Inoltre, chi ha conosciuto Lidia, ama menzionarne la capacità straordinaria di non parlare in politichese e la sua costante attenzione verso un linguaggio più inclusivo. Ferma sostenitrice del femminismo, è interlocutrice fondamentale della Carta delle donne comuniste nel 1987, fondata sullo slogan “dalle donne la forza delle donne”. Ironica, si restava spesso folgorati dalle sue battute mai scontate: “La gioventù? È come il raffreddore: sembra non finire mai quando sei malato, invece passa molto presto”, “Perché nominare nei generi, prima le donne? Mica per galanteria. Semplicemente perché le donne sono di più e quindi abbiamo il diritto di essere nominate prima”.
Nel 2006 Lidia diventa senatrice nelle liste di Rifondazione Comunista, entra a far parte della commissione Difesa ed è proprio lì che dà prova del suo carattere ribelle e per niente ordinario. Convinta pacifista e antimilitarista, in occasione della parata del 2 giugno si esprime a sfavore delle Frecce Tricolori definendole come inutilmente costose e inquinanti. Non si piega a nessuna tradizione in contrasto con i suoi ideali, e questa dichiarazione, considerata un attacco al prestigio delle Forze armate, si rivela determinante per la perdita dell’incarico in Commissione.
Donna instancabile, la sua vita è legata indissolubilmente alla storia dell’Anpi: sempre in prima linea come testimonia la presenza, fazzoletto dell’associazione al collo, al corteo antifascista di Macerata del 10 febbraio 2018, nonostante avesse quasi 94 anni. E a chi stupito le chiese come mai avesse deciso di partecipare, affrontando un viaggio faticoso, rispose sorridendo: “E dove altrimenti dovrei essere?” .
Michela Becchis, mettendo in luce quale fosse la forza della personalità di Lidia, ne ha richiamato un aspetto focale: “è chiaro che quando si è una staffetta partigiana si debba passare inosservate, ma se c’è una cosa che Lidia non faceva nella vita di tutti i giorni era proprio passare inosservata”.
L’incontro è stato un tributo sentito e partecipato alla memoria di una donna che ha incarnato l’antifascismo, la libertà e l’uguaglianza, soprattutto in un momento storico così delicato in cui la minaccia di tendenze autoritarie ha messo a repentaglio questi valori.
La partecipazione sentita di tutti coloro che hanno preso parte all’iniziativa fa trasparire la riconoscenza per il grande insegnamento di Lidia: la pace come sintesi di tutti i beni.
Guido Rosolia e Maria Beatrice Tripputi, servizio civile nazionale Anpi provinciale di Roma
Pubblicato giovedì 14 Luglio 2022
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/ci-guidavano-le-stelle/lidia-menapace-semplicemente-partigiana-sempre/