Nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, il 4 ottobre 2021, nel primo anniversario della scomparsa della presidente nazionale Anpi Carla Nespolo, si sono alternate le testimonianze di chi aveva conosciuto e condiviso con lei un costante impegno civile. La commemorazione è stata aperta da un messaggio della Presidente di palazzo Madama e seconda carica dello Stato, Elisabetta Alberti Casellati: “spirito coraggioso che non ha mai smesso di battersi”. E seppur impossibilitato a partecipare, sono risuonate in sala, lette da un giovanissimo iscritto all’Anpi, le parole affettuose e di stima in ricordo di Carla inviate da Milano dal presidente emerito dell’associazione dei partigiani, Carlo Smuraglia. Poi è stata la volta di Susanna Camusso; dello storico Claudio Dellavalle; di Luciana Castellina; dell’amica e collega in Parlamento Ersilia Salvato; del partigiano, compagno di partito e parlamentare Aldo Tortorella. Infine l’intervento del presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo. Lo proponiamo su richiesta di molti lettori che non hanno avuto la possibilità di seguire la diretta video.

 

Il presidente dell’Anpi nazionale, Gianfranco Pagliarulo, durante il suo intervento

Ho conosciuto bene Carla, anzi benissimo, dal 3 novembre 2017 quando fu eletta Presidente nazionale dell’Anpi. Certo, la conoscevo da prima, da diversi anni, sia per il comune impegno nell’Anpi, sia per le nostre affinità politiche. Ma ho capito chi era da quel 3 novembre, quando Carla mi volle confermare nella Segreteria nazionale. Da quel momento nacque qualcosa di molto più profondo di una intesa cordiale; si determinò un rapporto francamente raro, cresciuto nel dialogo e nell’ascolto, che si incarnava prima in riunioni, conversazioni e cene, poi, costretta lei dalla malattia, in telefonate che si sono ripetute più e più volte al giorno per anni, in un filo costante e solidissimo, frutto di stima ed amicizia. E da quando Carla cominciò a non reggere più la fatica della continua conversazione telefonica, si avviò una corrispondenza intensissima di messaggi che seppe mantenere saldo e indistruttibile quel filo. Dal tono della sua voce capivo immediatamente qual era il suo stato psico-fisico e a che punto fosse la sua battaglia contro l’indesiderato ospite. E mi rendevo conto di quanto aspra fosse quella battaglia e di quanto dura fosse la scorza di una donna che nascondeva però sempre un frutto dolcissimo. Perché Carla – verso tutti, sia chiaro – sapeva sedurre e commuovere in senso etimologico, sedurre nel significato di portar fuori, far emergere; e commuovere come muovere profondamente.

L’esito era una sua peculiare capacità di comunicazione che la portava in ogni circostanza, nei rapporti privati, nelle relazioni con le compagne e i compagni delle nostre sezioni e del gruppo dirigente nazionale, nella costruzione di una rete di collegamenti con dirigenti di associazioni, sindacati e partiti, a creare un feeling, a superare i muri, ad aprire le porte, a scoprire ciò che univa. E questo, da essere una sua cifra caratteriale, diventava una sua preziosissima dote politica. Ho a lungo riflettuto su questa sua magia – così la giudicavo – e sono arrivato alla conclusione che la ragione di queste doti si spiegava con il fatto che era una donna, interamente donna, profondamente donna. E perciò portatrice di uno sguardo e di una misura di accoglienza e di relazione difficilmente ripetibili in un dirigente di sesso maschile.

Per di più, grazie a questa sua natura, Carla coniugava senza soluzione di continuità la sua capacità di entrare in connessione con gli altri con un rigore politico e morale, come si dice, d’altri tempi. Tutto ciò era il punto di arrivo del rapporto fra il suo carattere e la sua lunghissima esperienza sociale, politica, istituzionale. Insegnante, consigliere provinciale, assessore all’istruzione, deputata, senatrice, segretaria della commissione Affari costituzionali della Camera, vice presidente della commissione Istruzione della Camera, vice presidente della commissione Ambiente del Senato, presidente dell’Istituto per la storia della Resistenza di Alessandria, dirigente del Partito comunista italiano, impegnata da sempre nella battaglia delle donne, negli ultimi anni vice presidente nazionale dell’Anpi: così Carla aveva plasmato la sua vita e dalla sua vita era stata plasmata. L’esito era una figura politica di grande autorevolezza perché aveva capacità di ascolto, profondamente laica ed assieme passionale, infastidita da ogni settarismo, attenta in ogni circostanza (comprese le più difficili), a cogliere il lato positivo, la via d’uscita, la possibile soluzione. Perciò Carla era una persona e una dirigente politica luminosa.

Susanna Camusso legge il suo ricordo

Per le cose che dicevo all’inizio, ho conosciuto Carla in modo profondo anche sul piano privato, ho avuto l’onore di condividere i suoi sentimenti, le sue speranze ed anche le sue delusioni e ho capito che non c’era differenza sostanziale fra la sua vita privata e la sua vita pubblica, che l’una incideva sull’altra e a essa si intrecciava. Carla era molto attenta all’effettivo pluralismo nella vita dell’Anpi, e avviò una politica di unità in particolare verso l’associazionismo democratico, i sindacati, i movimenti di progresso, quella stessa politica che dopo la sua scomparsa abbiamo potenziato,  accelerato e caratterizzato in ragione della drammatica situazione del Paese e che sarà in sostanza la proposta che al Congresso lanceremo al Paese. La politica di unità era la bussola della linea che Carla sosteneva, e così avviò il tavolo che portò il 3 gennaio 2018 a varare l’appello “Mai più fascismi” attorno a cui raccogliemmo centinaia di migliaia di firme e demmo vita ad un numero rilevantissimo di iniziative comuni e a una straordinaria manifestazione in piazza del Popolo.

Lo storico Claudio Dellavalle durante il suo intervento

Pochi mesi dopo l’Anpi avviò una campagna per i diritti umani, a partire dalla tragedia dei naufragi nel Mediterraneo. E coniammo, grazie alla creatività del nostro ufficio stampa, lo slogan “L’umanità al potere”. Carla si innamorò di queste parole che divennero non solo il leit motiv di tante iniziative locali e centrali, ma anche le parole d’ordine della tessera Anpi 2019, corredate da uno splendido disegno di Ugo Nespolo. All’impegno antifascista e per i diritti umani, Carla univa una speciale sensibilità sui temi della pace, ritenendo che in ogni caso la guerra non fosse mai la soluzione, ma il problema. I fatti – basti pensare all’Afghanistan e alla Libia – le danno ragione ogni giorno.

La pace: ricordo una faticosissima marcia Perugia-Assisi sotto la pioggia con lei, attorniata da decine di compagne verso le quali nutriva uno speciale affetto e con cui condivideva la fondamentale attenzione per la questione di genere. Carla riteneva questa, giustamente, una priorità. Tanti anni fa scrisse: “La strada dei diritti è lunga, basti pensare che la prima legge italiana sulla parità di trattamento tra donne e uomini è del 1976. Io allora ero in Parlamento, alla mia prima legislatura quando la firmai, e ministro del lavoro era una donna, Tina Anselmi”. Ed è con lo spirito di un suo impegno incessante che Carla seguiva con particolare cura e valorizzava i lavori del coordinamento nazionale donne Anpi.

Da sinistra: Luciana Castellina, Ersilia Salvato e Aldo Tortorella si sono avvicendati con i loro discorsi nel ricordo di Carla Nespolo

Si può ragionevolmente dire che la laicissima Carla manifestava, come nella migliore tradizione cattolica, da Don Gallo a Papa Bergoglio, una speciale attenzione verso gli ultimi, fossero questi emarginati, migranti, detenuti; e, con loro, il mondo del lavoro e delle giovani generazioni. E la chiave e l’obiettivo di tale attenzione era la restituzione della politica alle sue ragioni più profonde, alla bella politica. In quella impegnativa stagione, quando Carla non era stata ancora colpita dalla malattia, davvero l’Anpi praticò quella che abbiamo imparato a chiamare memoria attiva, utilizzando il lessico coniato da Carlo Smuraglia, intendendo con queste due parole la capacità di far vivere nel presente i valori del passato resistenziale, e così rinnovarli nel contesto della vita vivente, affinché, come a maggior ragione affermiamo oggi nella prospettiva del prossimo congresso nazionale e come ho ribadito ieri a Marzabotto, l’Anpi non rappresenti l’adorazione delle ceneri, ma la custodia del fuoco. Quale fuoco? Le partigiane e i partigiani, la Resistenza, la Repubblica e infine la bussola della nostra convivenza civile e sociale, la Costituzione, uno scrigno di valori mai pienamente aperto e oggi straordinariamente necessario nel tempo oscuro che viviamo.

In breve Carla aveva una visione dell’Anpi moderna e pluralista. Curava l’autonomia dell’Anpi come la pupilla dei suoi occhi e assieme praticava un’ampia politica unitaria, avendo piena contezza che nell’equilibrio fra i due termini non si nasconde alcuna contraddizione e che viceversa, operando in modo autonomo ed unitario, si accresce l’autorevolezza e il prestigio. E aveva questa visione perché era figlia di una scuola. Intendo che aveva assunto le lezioni di metodo, di stile di lavoro e di visione del mondo proprie della cultura di quel partito, il Partito comunista italiano, che ha segnato, assieme alla storia d’Italia, la vita di decine di migliaia, forse centinaia di migliaia, di donne e di uomini che facevano parte di quella comunità politica, culturale, sociale e morale.

Il vicepresidente vicario dell’Anpi nazionale, Carlo Ghezzi, moderatore dell’iniziativa

C’è sempre il rischio in questi pensieri di far prevalere il ricordo sulla memoria, e cioè ciò che proviene da una traccia del cuore rispetto a ciò che proviene da una traccia della ragione. In parole povere, c’è il rischio dell’agiografia. È giusto perciò cogliere anche i limiti, meglio, il carattere ed anche il temperamento di una Presidente il cui nome rimarrà a lettere d’oro nella storia dell’Anpi e dell’antifascismo italiano. Carla non era un’organizzatrice, ma si era attorniata di un gruppo dirigente (e di un organizzatore, diciamolo, Carlo Ghezzi, oggi vicepresidente vicario) che suppliva in questo suo campo. E qualche volta la passione la portava a proposte non condivise, che però ritirava o cambiava perché aveva davvero una grande capacità di ascolto. Ma anche in questo emergeva la sua caratura politica, perché sapeva ascoltare, sapeva lavorare in squadra, sapeva l’arte dello sprone e della valorizzazione di una intera comunità, ed in tale misura operava per una crescita collettiva. Per dirla in una parola, sapeva la democrazia. Specialmente per questo, a ben vedere, era una dirigente capace e riconosciuta.

Carla era frutto di una genealogia di rivoluzionari di cui ogni tanto mi parlava con molto orgoglio e – diciamolo – con un pizzico di civetteria. Discendente come parente naturale di Felice Orsini, una vita spericolata, mazziniano radicale che a un certo punto rompe con Mazzini perché troppo moderato e il 14 gennaio 1858 attenta alla vita di Napoleone III che però sopravvive. Condannato a morte, scrive a Napoleone III prima dell’esecuzione questa parole: “Sino a che l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella Vostra non saranno che una chimera”.

Non basta. Il nonno di Carla, musicista cieco, è il fondatore del giornale anarchico “Gli Scamiciati”, Omero Giovanni Tommaso Maria Gavilli, che ebbe, quest’ultimo, quattro figli: Demoniardo, morto dopo pochi mesi, Amino, in omaggio ad un anarchico andato negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni, Stregolino, Diavolinda, sua madre, dirigente comunista. Ed Amino, Amino Pizzorno, il cognome della madre, comunista, fu comandante partigiano e commissario politico. Questi nomi raccontano di una cultura, meglio, di un habitat familiare che nelle ultime due generazioni passa dall’anarchismo al comunismo italiano.

Carla Nespolo durante un incontro con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 2019

Carla era ed è amatissima dalle compagne e dai compagni dell’Anpi grazie alle sue incontestabili doti di dirigente, al suo carattere solare, al suo temperamento caldo, alla sua razionalità politica, al suo essere donna. E con questo spirito, e fino a quando è stata in condizione di farlo, nonostante le sue difficoltà evidenti di deambulazione e le meno evidenti ma pesanti difficoltà di vista, girava per l’Italia in un vorticoso susseguirsi di incontri, riunioni e comizi. Ricordo quello con le sardine il 14 dicembre 2019 a piazza San Giovanni, quando già stava male e ricordo il suo splendido comizio accolto da ovazioni. Carla creava simpatia ed empatia, che determinavano costantemente manifestazioni di stima e di affetto verso la presidente donna, la prima presidente non partigiana.

Nei lunghissimi mesi in cui era costretta a letto ci scambiavamo, come ho detto, centinaia di messaggi, una parte dei quali riguardava la situazione dell’Anpi e le scelte che quotidianamente occorreva operare come gruppo dirigente. C’è infatti da dire che nonostante la sua assenza fisica, Carla, sia pur fra mille difficoltà, è sempre riuscita a dirigere l’Anpi, a portare a compimento con grande dignità i suoi doveri di presidente dell’associazione.

Ma un’altra rilevantissima parte dei messaggi che ci scambiavamo e delle telefonate che faticosamente Carla riusciva a realizzare erano dedicate a tutt’altro, a tante sue passioni risapute o nascoste: la bellezza nelle sue varie forme, il ballo ed in particolare il tango argentino per il quale aveva scoperto una vera passione sia pur, per così dire, da spettatrice, la sua storia di sinistra in tante modalità, in particolare nella musica e nel folklore, i gatti – pensate un po’! – verso cui entrambi, per i casi della vita, nutrivamo un affetto speciale. Per farla breve non ci scambiavamo solo ragionamenti ma anche emozioni, com’era naturale con Carla.

Quando sapemmo della sua scomparsa, quella orrenda mattina del 5 ottobre 2020, ci fu davvero un trauma collettivo in tutta l’Anpi e nel più grande mondo dell’antifascismo; basti pensare al commosso messaggio del Presidente della Repubblica che definì Carla “una appassionata testimone e una fervida sostenitrice dei valori della Costituzione”, e aggiunse che la sua scomparsa “addolora la Repubblica”. Perché Carla Nespolo è stata effettivamente una donna della Repubblica, perché ci rappresentava l’incarnazione della vita e della vitalità, perché ci parlava di una generazione che sì, può essere ed è in diretta continuità con la generazione precedente, quella delle partigiane e dei partigiani. Ma anche per un altro perché. Nei Sepolcri Foscolo scrive “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna”. Ebbene, Carla di eredità d’affetti ci ha lasciato un mare.

Così ho vissuto Carla, così mi è sembrato che fosse e così rimane dentro di me, lo dico francamente e con grande riconoscenza. E ho pensato e penso che se l’Anpi invece di essere una grande associazione di partigiani e antifascisti fosse una donna, si potrebbe chiamare Carla Nespolo.