Il Palazzo della Consulta, sede della Corte costituzionale (Imagoeconomica, Andrea Panegrossi)

Il recente pronunciamento della Corte costituzionale, che ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo della legge 86/24 (la cosiddetta legge Calderoli sull’autonomia differenziata), non mette la parola fine alla battaglia per contrastare il disegno governativo di concentrare le risorse economiche sulle Regioni più efficienti, nel tentativo sbagliato e improprio di aumentare la competitività del Paese a scapito dell’uguaglianza dei cittadini e della giustizia sociale.

Decine e decine i banchetti in tutta Italia per raccogliere le firme del referendum abrogativo

La proposta di referendum ci ha permesso di parlare a migliaia di persone e di mettere al centro del dibattito pubblico la questione delle riforme istituzionali, del loro impatto sulla vita di donne e uomini, della coerenza con i valori costituzionali.

Il milione e trecentomila firme, raccolte in pochissimo tempo, ci consegnano l’autorità di pretendere che la legge Calderoli venga completamente riscritta dal Parlamento, come del resto richiede lo stesso Amoroso, presidente della Corte Costituzionale, alla luce della sentenza 192/24 che ne dichiara incostituzionali ben 7 punti chiave.

Giovanni Amoroso, presidente Corte costituzionale (Imagoeconomica, Sara Minelli)

Dobbiamo ripartire da questa sentenza che smonta la struttura e la filosofia della legge 86. La motivazione del pronunciamento chiarisce che l’unità e l’indivisibilità della Repubblica si basano sull’unità del popolo sovrano (art.1 Cost.), la cui rappresentanza si esercita in Parlamento.

Sottolinea inoltre che esiste un solo popolo italiano non esistendo popoli regionali.

Sulla base di questi principi la richiesta di nuove forme di autonomia da parte delle Regioni deve essere motivata e non può riguardare intere materie, ma solo funzioni inerenti le materie elencate nell’articolo 116 della Costituzione; la definizione dei LEP (livelli essenziali di prestazioni) spetta al Parlamento e non al Governo; l’orizzonte concettuale dei LEP è l’uguaglianza e non il nucleo minimo dei diritti; la determinazione dei LEP implica che gli Enti territoriali dispongano delle necessarie risorse; e tutte le Regioni devono contribuire all’equilibrio del bilancio nazionale.

Roberto Calderoli, ministro Affari Regionali (Imagoeconomica, Andrea Di Biagio)

È evidente che non si tratta di piccole modifiche alla legge, come sostiene il ministro Calderoli, che pensa di risolvere la questione con qualche ritocco da far votare rapidamente dal Parlamento. La legge va riscritta, avendo come obiettivo la costruzione di un sistema regionale solidale e rispettoso delle altre forme di autonomia territoriale, a partire dai Comuni.

La battaglia va dunque portata in Parlamento mantenendo viva quella partecipazione dei cittadini che ha accompagnato la campagna di raccolta delle firme per il referendum abrogativo.

Per questo motivo l’ANPI lavorerà per mantenere e valorizzare l’alleanza di associazioni, forze politiche, sindacati che ha reso possibile la partecipazione consapevole di tanti e tante alla battaglia per difendere l’unità del Paese, l’uguaglianza dei cittadini, la giustizia sociale.

Contemporaneamente promuoveremo iniziative di approfondimento che, con l’aiuto di esperti, ci permettano di delineare le caratteristiche e le condizioni di un regionalismo solidale che trasformi le differenze territoriali in elemento di forza per la costruzione di un Paese accogliente in cui le donne e gli uomini possano vivere dignitosamente, i giovani possano desiderare di rimanere, e la democrazia sia sinonimo di partecipazione.

Betty Leone, vicepresidente nazionale Anpi, coordinatrice del gruppo dilavoro sulle riforme istituzionali