La tavola rotonda che ha chiuso la due giorni del convegno Anpi sull’Europa (10 e 11 maggio). Da sinistra: Valentina Cuppi, sindaca di Marzabotto; Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi; Giovanna Casadio, giornalista, moderatrice; Maurizio Landini, segretario genrale Cgil; Pasqualina Napolitano, già parlamentare Ue

Vorrei incardinare le mie conclusioni su alcuni punti dell’Appello al voto che abbiamo lanciato come Anpi nazionale. “Un voto – abbiamo scritto – per difendere ed espandere la democrazia, per fermare l’ondata nazionalista, neofascista e neonazista, per un’Europa di pace, accogliente”. Ci aiuta molto la bella relazione introduttiva di Susanna Florio. Spetta proprio a noi italiani, data la allarmante vicenda politica del nostro Paese, mettere a tema la necessità di un voto antifascista. Eppure non basta. Dobbiamo, come ha detto Susanna, avviare con questo convegno la costruzione di una rete europea e innervare le reti già esistenti. La nostra lotta non si esaurisce con le elezioni europee. Si tratta di un impegno strategico contro la deriva di estrema destra, per il quale occorre muoversi subito su scala continentale.

Da questo punto di vista è fondamentale l’impegno europeo dell’associazionismo democratico, del movimento sindacale, di quella società civile più volte citata da Daniela Padoan. Ci aiuta la presa di posizione del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Zuppi, nella sua suggestiva lettera che inizia con le parole “Cara Europa”. Ci aiuta il convegno previsto nei prossimi giorni a Verona dal titolo “Arena di pace”, promosso da AssoPace, che si concluderà alla presenza del Papa. Come ha detto Ester Lynch, non difendiamo l’Unione Europea che abbiamo, ma quella che possiamo avere. E qui riprendo il monito di José Antonio Moreno: “È il momento di rispondere, di combattere”. Aggiungo che spetta a noi operare perché la sensazione di un futuro-minaccia, cioè di paura, che scorre in tanta parte del popolo europeo, si trasformi in speranza di futuro-promessa, cioè di un cambiamento reale delle condizioni di vita e di lavoro.

Il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, con i fitti appunti sugli interventi del convegno “L’Europa che vogliamo”

Leggo ancora dall’Appello: “Il contrasto all’ondata crescente all’estrema destra si costruisce con l’ascolto di chi è disagiato, con la rappresentanza di chi non ha voce, con la partecipazione democratica”. Intendiamo così mettere al centro dell’offensiva contro autoritarismi, nazionalismi e neofascismi la giusta risposta alla questione sociale del nostro tempo, come ci ha ricordato ancora Ester Lynch. Combattendo il malessere sociale impediamo all’estrema destra di crescere. Da questo punto di vista non intendo ripetere le considerazioni dei tanti che mi hanno preceduto. Mi limito a mettere a fuoco due temi. Il primo è capire come è cambiato il lavoro e di conseguenza la società, e ancora interpretare i nessi fra i cambiamenti radicali del lavoro e la crisi della forma partito, della politica e delle stesse forme di governo a democrazia liberale.

La seconda è operare per mettere al centro di un’idea forte di cambiamento dell’Europa le politiche sociali su sicurezza del lavoro, sicurezza sul lavoro, reddito da lavoro, welfare (cioè sanità, scuola, ecc.), sistema tributario. Questo vuol dire affrontare due grandi questioni: la dignità della persona e il contrasto alle diseguaglianze, questione, quest’ultima, affrontata nell’illuminante intervento di Alessandro Pollio.

Ancora dall’Appello: “Occorre rilanciare antifascismo e antinazismo come princìpi fondamentali su cui si è storicamente fondata l’idea stesa di Unità Europea”. Diciamoci la verità: oggi tutto ciò non è più chiaro; è caduto in tantissimi Paesi dell’Unione il cordone sanitario nei confronti dell’estrema destra. Si riabilitano simboli e monumenti nazifascisti. Si riscrive la storia del Novecento. Sono gli argomenti trattati dalla comunicazione di Marijan Krizman sul revisionismo. Aggiungo due considerazioni emerse dal dibattito che mi hanno particolarmente colpito. La prima: si è notato che l’allarme per la crescita dei partiti di estrema destra nell’Unione è stato lanciato troppo tardi, quando tali forze avevano già rotto gli argini. La seconda: Girod ci ha segnalato che alcune forze di estrema destra, in particolare Vox in Spagna e Afd in Germania, hanno via via radicalizzato le proprie posizioni quanto più crescevano; Rogalewsky ha inoltre ricordato che è vero che non è più al governo il partito oscurantista polacco Pis, ma è anche vero che in realtà è ancora maggioritario alle elezioni. Il nostro Pellegrini ha segnalato una progressiva deriva antidemocratica da parte del Partito Popolare o di alcuni suoi affiliati.

Sul merito: l’antifascismo è storicamente il fondamento dell’idea di Europa Unita, e questo non solo per le straordinarie anticipazioni visionarie dal Manifesto di Ventotene, ma anche perché la spinta storica alla nascita dell’Unione sorge sulle macerie della Seconda guerra mondiale, nasce cioè, come ha ricordato José Moreno, dall’antinazionalismo e dall’antinazismo. Negare il fondamento antifascista e antinazista dell’Europa Unita vuol dire negare l’Europa Unita. Sostenere tale fondamento vuol dire dare linfa a una grande riforma democratica e sociale dell’Unione Europea. Per queste ragioni raccolgo l’idea di Alessandro Pollio di chiedere al nuovo Parlamento Europeo di istituire un fondo speciale per la ricorrenza degli 80 anni della Liberazione europea dal nazifascismo.

Non mi soffermo sul tema fondamentale delle riforme democratiche delle strutture dell’Unione Europea; mi basta sottolineare l’intervento di Daniela Padoan, che ha messo a fuoco il progressivo svuotamento di funzioni del Parlamento europeo, la rimozione dei compiti e di conseguenza della partecipazione della società civile, e in questa chiave ha analizzato la gravità della situazione italiana, a partire dai disegni di legge sul premierato e sulla autonomia differenziata delle regioni.

Infine dall’appello: “Mettere fine alla furia bellicista, alla corsa al riarmo, alla propaganda in favore di un’economia di guerra”. Ne ha parlato molto bene Vannino Chiti. Sulla tragedia che si sta svolgendo in Medio Oriente parlano i nostri documenti e le nostre posizioni. Qui mi soffermo soltanto per invitare a un bilancio delle scelte operate dall’Unione in merito alla guerra causata dall’invasione russa. C’è bisogno di un sereno bagno di realismo, senza alcuna volontà polemica, ma per capire la realtà, come ha scritto di recente il giornalista Massimo Nava sul Corriere della Sera. Lo dico francamente, nello spirito dell’intervento di Vannino Chiti, non per tornare su antiche polemiche, ma per unire su posizioni più ragionevoli, anzi più razionali.

Il Fondo Monetario Internazionale prevede per il 2024 i seguenti incrementi del Pil: media dell’Unione Europea: +0.8; Germania +0.2; Italia +0.7; Francia +0.7; Spagna +1.9; Gran Bretagna +0.5. In sostanza l’Unione vive una fase di stagnazione economica con un Paese sulla soglia della recessione: la Germania. Anche la Gran Bretagna è sulla soglia della recessione. Di contro per la Federazione Russa è previsto un incrementato del Pil del 3.2, superiore perfino a quello Usa che è del 2.7. Cosa vogliono dire questi numeri? Vogliono dire che l’assedio economico con le sanzioni alla Federazione Russa è clamorosamente fallito con un effetto boomerang che ha colpito l’Europa, a tre anni dalla gravissima crisi economico-sociale del Covid e a 15 anni dalla crisi dei mutui Subprime. Sottolineo la crisi della Germania perché questo Paese è la prima destinazione dell’export manifatturiero dell’Italia.

In sostanza la politica delle sanzioni è fallita e ha aggravato la crisi economico-sociale, sia pur con modalità diverse, in tutti i Paesi dell’Unione implementando paura e insicurezza. Le previsioni dei governi precedenti più volte ripetute e date per certe di un crollo economico della Russia si sono dimostrate straordinariamente sbagliate.

Sull’invio di armi, si è partiti dall’invio di armi non letali per arrivare oggi alla minaccia del Regno Unito di inviare in Ucraina armi in grado di colpire in profondità il territorio russo e dalla possibilità evocata da Macron di mandare truppe francesi in Ucraina; a ciò è seguita la minaccia di Putin di utilizzo di armi nucleari. Siamo molto oltre la follia del dottor Stranamore. Disgraziatamente le nostre previsioni di una pericolosissima escalation di carattere bellico si sono dimostrate esatte.

Oggi la Federazione russa ha occupato tutto l’est e gran parte del Sud dell’Ucraina. È a rischio Kharkiv, seconda città ucraina come numero di abitanti. I morti si contano a centinaia di migliaia. E l’Unione Europea? In due anni non ha mai pronunciato la parola diplomazia, la parola trattativa, la parola negoziato.

Cosa mi colpisce di tutto ciò? Mi colpisce il fatto che non c’è mai stato un bilancio obiettivo, una riflessione razionale sull’esito di queste politiche. Si continua ad andare avanti alla cieca, senza mai riflettere su chi, quando, come ha sbagliato nella linea e nelle previsioni. In questo scenario il partito dei conservatori e dei riformisti, a cominciare da Fratelli d’Italia professa il suo ultra atlantismo, disgraziatamente sostenuto anche da forze democratiche. Traspare in filigrana l’idea di un’Europa fortezza, un’Europa che si autodefinisce il giardino del mondo in una giungla di barbari, commettendo così un gravissimo peccato di presunzione e di illusione. Mi sembra che da questo punto di vista Fabrizio De Sanctis abbia tracciato un’ampia ed esauriente riflessione.

Per concludere: che Europa vogliamo in due parole? A ben vedere, il fondamento dell’Europa che vogliamo lo ritroviamo in un breve documento in cui la parola Italia è citata solo due volte come Repubblica fondata sul lavoro e come Paese che ripudia la guerra. Questo documento si chiama Costituzione della Repubblica. Ecco, vorremmo così l’Europa: un’Europa di Pace e di lavoro.

Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi


L’EUROPA CHE VOGLIAMO
Appello al voto per le elezioni dell’8 e 9 giugno

Viviamo un tempo tumultuoso e drammatico, in cui Paesi e popoli reclamano l’urgenza di un nuovo ordine mondiale più equo e multipolare. In questa fase di transizione un vento forte spinto da nazionalismi, populismi e sovranismi sta spazzando tutti i continenti del mondo, inclusa l’Unione Europea. Ritornano guerre e conflitti, con il loro carico di vittime innocenti, distruzioni e crisi, forse, irreparabili. Sono inaccettabili immobilismo, incapacità e mancanza di volontà di governi ed istituzioni internazionali nel cercare soluzioni, trattati di pace, accordi multilaterali che garantiscano la civile convivenza, la possibilità di una vita dignitosa per tutti, sviluppo, diritti e rispetto per l’ambiente. La vera e sola priorità oggi è che l’Unione Europea sia un attore nel quadro internazionale e si faccia portavoce di pace.

In difesa di valori e di princìpi sanciti nei Trattati Ue e nella nostra Costituzione, riteniamo urgente che si metta fine alla furia bellicista, alla corsa al riarmo, alla propaganda in favore di un’economia di guerra, fatta di enormi sacrifici prima di tutto delle persone più deboli e più disagiate.

Il futuro dei cittadini europei dipenderà dalle scelte che faranno, a cominciare dal rinnovo dei rappresentanti al Parlamento Europeo, e conseguentemente al rinnovo della Commissione e del Presidente del Consiglio Europeo. Siamo tutti chiamati ad un’assunzione di responsabilità che raramente si è manifestata in maniera così evidente, in tutta la sua gravità.

L’Anpi è da sempre legata all’idea che fu di Altiero Spinelli e del gruppo di antifascisti che nel 1941, a Ventotene, sognarono un’Europa libera dai nazionalismi e dalle dittature nazi-fasciste, costruita su solide basi fondate sulla pace, sulla democrazia, sul progresso sociale ed economico. Il contrasto all’ondata crescente dei partiti di estrema destra, neofascisti e neonazisti in tutta Europa si costruisce con l’ascolto di chi è disagiato, con la rappresentanza di chi non ha voce, con la partecipazione democratica di chi non vede riconosciuti i propri diritti. Solo così si potrà contrastare la profondissima crisi delle istituzioni democratiche che si manifesta nella crescente distanza fra rappresentanti e rappresentati e diffonde disincanto, sfiducia e incertezza sul futuro.

L’affermazione dello Stato di diritto e le profonde riforme necessarie per superare la crisi strutturale delle istituzioni Ue, a cominciare dall’attribuzione di poteri effettivi al Parlamento europeo, unica istituzione eletta dai cittadini dell’Unione, devono essere considerate una questione prioritaria della prossima legislatura europea. Così come previsto nel Trattato sull’Unione Europea, chiediamo che sia alta la vigilanza sulle violazioni possibili, da parte degli Stati membri, del rispetto della libertà, della dignità umana, e dei diritti fondamentali, incluso il diritto ad esprimere le proprie idee e la libertà di stampa, nel pieno rispetto del principio giuridico fondamentale della separazione dei poteri. Libertà, sicurezza e giustizia sono garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.

Politiche finalizzate alla giustizia economica e sociale devono essere urgentemente rilanciate, condivise e adottate in tutta l’Unione Europea. La lotta alle diseguaglianze implica forti iniziative di contrasto allo strapotere del capitale finanziario e delle multinazionali e misure a sostegno del buon lavoro, della lotta alla precarietà, della formazione professionale. Il programma di difesa della conservazione dei posti di lavoro nel periodo della pandemia è stato un segnale delle potenzialità che l’UE può esprimere in materia di politiche sociali.

Gli obiettivi dello sviluppo sostenibile elaborati a più riprese dalle Nazioni Unite sono stati fatti propri dalla UE con le linee programmatiche identificate nel Patto Verde (Green Deal). Sull’altare del negazionismo si stanno vanificando piani e programmi che miravano a limitare lo stato di grave degrado di cui soffre non solo il nostro continente, ma il mondo intero. Chiediamo che le istituzioni europee si occupino di informare adeguatamente l’opinione pubblica, coinvolgendo le istituzioni a tutti i livelli, nazionale, regionale e territoriale, finanziando programmi per la transizione energetica, industriale, climatica.

L’Europa della solidarietà è l’Europa dell’accoglienza, dell’inclusione e del sostegno sociale ed economico. Rifiutiamo i muri e le fortezze, rigettiamo strategie politiche che rincorrono accordi bilaterali con Paesi terzi, che trasformano gli esseri umani in oggetti da svendere e che richiamano le più buie pagine di un periodo coloniale che credevamo chiuso per sempre. Evidentemente non è così. Il rispetto dei diritti umani fondamentali è l’ossatura della normativa europea; chiediamo per questo alle future istituzioni ed in particolare al Parlamento europeo di non tradire tali valori e principi fondamentali.

Occorre rilanciare con chiarezza l’antifascismo e l’antinazismo come principi fondamentali su cui si è storicamente fondata l’idea stessa dell’unità europea, principi che oggi sono messi in discussione da un’offensiva revisionistica senza precedenti e da un’allarmante ondata di razzismo e di xenofobia.

L’Anpi, insieme alle associazioni democratiche e antifasciste, guarda ancora con fiducia al progetto, largamente incompiuto, di costruzione dell’Unione Europea. Le crisi internazionali hanno evidenziato la fragilità e l’inadeguatezza del sistema economico sociale alla base dell’Ue, che deve essere riformato profondamente. Noi faremo la nostra parte, costruendo un rapporto continuo con il Parlamento europeo, a sostegno incrollabile delle idee di pace, democrazia, libertà, eguaglianza, solidarietà.

Alle prossime elezioni europee ogni voto è fondamentale per difendere ed espandere la democrazia e la partecipazione, per fermare l’ondata nazionalista, neofascista e neonazista, per un’Unione Europea portatrice di coesistenza pacifica, aperta al mondo, amica dei popoli, accogliente, per contrastare razzismo, xenofobia, autoritarismo e ogni forma di discriminazione, per il lavoro dignitoso, per sostenere i più disagiati, per combattere le crescenti diseguaglianze sociali, per il rigoroso rispetto dello stato di diritto, per difendere ovunque libertà, diritti e giustizia.

Votare è essenziale per l’Europa che vogliamo.