Se n’è andata insieme al marito la partigiana Irea Gualandi. Entrambi erano malati da tempo. Sono stati trovati nella loro abitazione, a Milano, uno accanto all’altra. Sabato 21 ottobre, i familiari preoccupati perché la coppia non rispondeva al telefono hanno allertato i soccorsi. Ed è stato corale il cordoglio per la perdita di una figura importante per la città; dopo aver operato nella Resistenza era stata sindacalista della Cgil impegnata per decenni sulla questione del lavoro femminile e della salute delle donne. Nata nel 1924 a Molinella, in provincia di Bologna, da una famiglia di braccianti antifascisti perseguitati dal regime, Irea aveva cominciato presto a lavorare come sarta e magliaia.
Una ragazza temprata dalla fatica ma con le idee molto chiare.«L’attività di partigiana era stata fondamentale per la sua formazione» rammenta Carlo Ghezzi, presidente della Fondazione Di Vittorio e componente del Comitato nazionale Anpi; Carlo conoscerà Irea a Milano negli anni 70, al tempo in cui lui – più giovane di una generazione – era nella Segreteria dei Chimici della Cgil per poi divenire Segretario della Camera del Lavoro e che in seguito scriverà anche la prefazione dell’autobiografia di quella piccola grande donna. «Aveva un fisico minuto e un carattere schivo e riservato ma unito a una formidabile determinazione e una straordinaria concretezza».
Nella terra natia subito dopo l’8 settembre ’43, Irea partecipa alla nascita dell’organizzazione clandestina tutta al femminile della Resistenza: i Gruppi di Difesa della Donna nei quali continua a operare fino alla Liberazione e nel dopoguerra farà parte della delegazione bolognese al Congresso mondiale dei Partigiani della Pace che si tenne a Parigi. Di idee socialiste, diventa rapidamente dirigente politica (sarà assessore provinciale) e sindacale. «In quella fase non c’era molta distinzione tra i ruoli», spiega Ghezzi.
Sono tempi durissimi per le lotte nelle campagne e particolarmente aspre nella pianura padana. E Irea continua a rischiare. Nel ’48-’49 con la Federterra diretta da Luciano Romagnoli organizza la protesta delle mondine. Si tratta del periodo in cui la polizia, su indicazione del ministro Scelba, spara sui manifestanti e uccide. Il sindacato agricolo poi si dividerà e con la Federbraccianti Gualandi è chiamata a ricoprire incarichi sempre più importanti fino ad avere, nel 1955 a Roma, responsabilità nazionali. «È anche una delle esponenti principali dell’Ufficio Femminile della Cgil di allora – continua il presidente della Fondazione Di Vittorio – contribuendo alla battaglia per la parità salariale, un tema cruciale tra gli anni 50 e 60». Le rivendicazioni in favore delle donne la porteranno spesso anche all’estero, a Mosca per il Congresso mondiale delle donne e a Praga. Nel ’67 entra nella Segreteria nazionale della Filcams: «La prima donna a ricoprire un così alto incarico nella rappresentanza del settore terziario», segnala Ghezzi.
Poi è chiamata nel capoluogo lombardo dove resterà per tutto il resto della vita: «La Camera del Lavoro di Milano, la più grande in Europa, era guidata da Lucio De Carlini che la impegnò come responsabile dell’Ufficio Salute e Sicurezza – continua Ghezzi –. Era la stagione in cui il sindacato usciva da un lungo torpore e avviava la campagna “La salute non si vende”, si cominciavano a richiedere i servizi di medicina preventiva nei luoghi di lavoro e si impostava la riforma sanitaria». Nelle fabbriche si organizzano gli scioperi per affermare condizioni migliori e Irea è interlocutrice privilegiata della Clinica del lavoro, storica istituzione meneghina, dando un’impronta essenziale alla nuova politica sindacale. Siamo nel periodo in cui le donne con le loro battaglie per i diritti ottengono l’apertura dei consultori familiari e la legge 194. Irea Gualandi c’era sempre.
Ghezzi si troverà lavorare a stretto contatto con lei nel ’76: a luglio c’è stato il cosiddetto “disastro di Seveso”, una delle peggiori catastrofi ambientali della storia italiana: dallo stabilimento industriale dell’Icmesa è fuoriuscita una nube di diossina, sostanza chimica fra le più tossiche, e il veleno ha investito una vasta area della bassa Brianza. «Quell’evento porterà il sindacato a un impegno ancora maggiore verso la sostenibilità e la tutela ambientale oltreché dei lavoratori. Le conquiste conseguite furono importantissime per il futuro dell’intera collettività».
Irea non smetterà di lavorare neppure da pensionata; è infatti dirigente dello Spi-Cgil milanese quando, negli anni 80 è Ghezzi il Segretario della Camera del Lavoro: «In ogni occasione di iniziativa sindacale e di mobilitazione potevamo contare su di lei», ricorda.
La politica, l’impegno nel sindacato e quello di testimonianza nell’Anpi (era iscritta alla sezione Beloyannis) saranno sempre imprescindibili. Irea nel ’64 era entrata nel Psiup per poi, allo scioglimento, passare al Pci, nel ’72. «Ultimamente era molto delusa per l’assenza di una vera “sinistra” italiana», conclude Ghezzi.
Tra le passioni di Irea c’era anche la scrittura: nel 1997 pubblicò per Teti editore L’utopia e il reale. Autobiografia di una sindacalista e nel 2009 per le edizioni LiberEtà Un lungo cammino, sessant’anni nella Cgil che le farà vincere il premio annuale del mensile Spi Cgil.
Alla commozione unanime per la scomparsa di una personalità di grandissimo prestigio si è unito il Sindaco di Milano, Beppe Sala, la Giunta e Consiglio comunale che sul Corriere della Sera hanno fatto pubblicare un necrologio per ricordare la “cittadina benemerita, partigiana, già sindacalista impegnata, per decenni, sulla condizione femminile”.
Pubblicato giovedì 26 Ottobre 2017
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