Nell’ultima settimana di luglio, nel corso del dibattito sulla trasformazione in legge del decreto sull’ordine e la sicurezza pubblica, la Camera ha bocciato un ordine del giorno presentato da due deputati del Pd (Nobili, Fiano), in cui si impegnava il governo “a valutare la possibilità di ogni iniziativa utile (…) per l’esecuzione dei necessari interventi per lo sgombero immediato dell’immobile occupato a Roma da CasaPound”. L’ordine del giorno è stato respinto (111 a favore, 362 contro) grazie ai voti dei parlamentari della Lega e del M5S, nonostante sia stato stimato un danno erariale, causato dall’occupazione, superiore ai 4 milioni di euro.
Si tratta di una vicenda grave e tanto più significativa, se si considerano le ripetute richieste della sindaca di Roma, del M5S, di pervenire allo sgombero per restituire alla città l’intero stabile. Proprio quando Virginia Raggi si recava alla sede di CasaPound per notificare una diffida che ordina la rimozione della grande scritta “CasaPound” dalla facciata dell’edificio, i parlamentari della sua stessa formazione politica votavano contro l’ordine del giorno.
La notizia, circolata sui social, ha destato comprensibili (e condivise) reazioni negative. La chiusura delle sede è stata fra l’altro richiesta in un dettagliatissimo esposto presentato dall’Anpi nazionale alle autorità competenti poche settimane fa e successivamente il Demanio ha avviato ufficialmente la procedura per lo sgombero.
A conferma del pericolo costituito dalle bande fasciste, il 28 luglio un ragazzo è stato aggredito e picchiato a Frosinone perché aveva una maglietta del Cinema America Occupato. La stessa maglietta che aveva motivato a metà giugno un’analoga aggressione nei confronti di alcuni ragazzi nella Capitale. Si prova così per l’ennesima volta la pericolosità sociale dei nuovi squadristi, motivati presumibilmente anche dal clima di odio e di intolleranza che continua a diffondersi nel Paese.
Sia chiaro però che nulla è perduto nella battaglia per lo sgombero del palazzo abusivamente occupato dai neofascisti. Lo dicono le leggi, il buon senso, le pressioni di tanta parte dell’opinione pubblica. Certo è che, per ottenere un risultato positivo a livello parlamentare, cioè una maggioranza che sostenga l’urgenza dello sgombero della sede di CasaPound, bisogna lavorare per questo risultato.
Il problema è che si è proposto un ordine del giorno in cui, oltre alla richiesta di sgombero si aggiunge nelle premesse che “la Capitale d’Italia, nella insufficienza di politiche abitative adeguate, versa in uno stato di completo degrado tra immobili occupati abusivamente, il completo abbandono dei commercianti, i mezzi di trasporto sempre più problematici e la gestione dei rifiuti pressoché inesistente”, e quindi si attacca la sindaca del M5S su temi del tutto estranei alla ragione dell’ordine del giorno ignorando fra l’altro la giusta battaglia da lei condotta proprio sulla vicenda della sede di CasaPound.
Nell’ordine del giorno si aggiunge poi che “in generale, questo Governo ha dimostrato un totale disinteresse per le soluzioni pratiche, anche parziali, che possono invertire una china pericolosa che è in atto in molte periferie e in molte aree interne e si ritiene, anzi, per certi aspetti, che si voglia alimentare, invece di risolvere, una condizione di disagio e di instabilità per trarne consenso”, e quindi si attacca il governo (e perciò entrambe le forze che lo compongono).
Rebus sic stantibus, è francamente molto improbabile (per usare un eufemismo), che i parlamentari che si riconoscono nelle forze politiche al governo, o in una di queste forze, votino un ordine del giorno che, sostanzialmente, le sconfessa.
Qualsiasi critica alla sindaca e/o al governo è – sia chiaro – assolutamente legittima e vi sono circostanze in cui può essere doverosa, ma se proponi un ordine del giorno per farlo approvare, dato che non hai la maggioranza, devi scrivere un testo che si attenga esclusivamente al merito della questione in oggetto e che perciò possa essere condiviso anche da altri parlamentari. Viceversa, il rischio è che l’operazione, più che rivolta a ottenere il risultato dichiarato, sembri tesa a una battaglia politica interna. E oggi è il momento della massima unità antifascista. Dovrebbe essere logico, ovvio, naturale. Ma evidentemente non lo è ancora. O non lo è per tutti.
Pubblicato martedì 30 Luglio 2019
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