È stato affermato che la Seconda Guerra Mondiale fu prevalentemente una guerra aerea. Questa affermazione è, tutto sommato esagerata, ma non è lontana dalla realtà. Sicuramente, i grandi scontri tra carri armati in Africa Settentrionale, in Russia e sulle Ardenne, gli sbarchi in Africa, Europa e nel Pacifico, l’epica difesa delle città sovietiche assediate, le eroiche azioni della Resistenza europea e tanti altri scontri in tutti i teatri bellici ebbero un ruolo determinante nell’esito del conflitto. Tuttavia, in ognuno di questi episodi e in tutte le fasi della guerra, il controllo dello spazio aereo giocò un ruolo determinante.
Di tutte le battaglie aeree della Seconda Guerra Mondiale, una di quelle che ebbe una maggiore importanza fu la “Battaglia d’Inghilterra”: se il tentativo hitleriano di neutralizzare, con durissimi bombardamenti aerei, le difese nazionali inglesi in vista di uno sbarco nelle Isole britanniche avesse avuto successo, molto probabilmente la guerra avrebbe potuto avere un altro esito.
Hitler e i suoi generali, soprattutto il comandante dell’aeronautica Goering che durante la Prima Guerra Mondiale era stato pilota di caccia, avevano infatti ben compreso la necessità del controllo dello spazio aereo durante la futura guerra che stavano preparando. Perciò, fin dall’inizio del riarmo della Germania, fu data grande importanza allo sviluppo di caccia particolarmente avanzati, furono selezionati i due migliori (il Messerschmitt 109 ed il Focke Wulf 190) e questi furono prodotti in gran numero, mentre l’aviazione militare nazista (Luftwaffe) addestrava migliaia di piloti per questi aerei.
Un’attenzione minore fu posta nello sviluppo di aerei da bombardamento, puntando soprattutto sullo sviluppo di un bombardiere di picchiata per bombardamenti di precisione, lo Ju 87 “Stuka”, un monomotore biposto (pilota e mitragliere di coda) ad ala bassa, molto robusto e micidiale nel suo ruolo, molto più lento dei moderni caccia tedeschi, ma non di più di quelli contemporanei di tutte le altre nazioni che, salvo poche eccezioni, erano ancora biplani. Per il bombardamento d’alta quota, si selezionarono i bimotori Heinkel He 111, Junkers Ju 88 e Dornier Do 17, buone macchine ma con caratteristiche molto meno avanzate di quelle ottenute per i caccia: d’altronde, l’idea di Hitler era quella di una “guerra lampo”, che avrebbe in pochi giorni annientato l’esercito nemico, e prima di tutto la sua aviazione, sicché sarebbero bastati alcuni bombardamenti sulle città ormai prive di difesa per portare l’avversario alla resa. Anche dei bombardieri, e soprattutto dello Stuka, furono prodotte migliaia di unità, sicché tra caccia e bombardieri, l’aviazione nazista poteva contare, allo scoppio del conflitto, su circa 6.000 aerei.
Anche se le nazioni europee occidentali percepirono pienamente il rischio del riarmo della Germania, e soprattutto della sua potente aviazione, rivalità tra loro, ragioni politiche interne e, soprattutto, il fatto di vedere in Hitler un baluardo contro l’Unione Sovietica, che temevano molto di più del nazismo, impedirono loro di prepararsi alla guerra che cercarono di evitare in ogni modo, anche facendo alla Germania nazista concessioni che non sarebbero state accordate a nessuna altra nazione. Così, i comandi militari, invece di prepararsi all’inevitabile scontro mettendo in linea un numero di aerei, e soprattutto caccia, sufficiente a fronteggiare la Luftwaffe, continuarono nella politica di sviluppare sempre nuovi modelli, ma senza sostituire nel contempo quelli ormai superati che costituivano il nerbo, per altro abbastanza scarso, delle loro aviazioni.
Perciò, durante il primo anno di conflitto, la supremazia aerea della Luftwaffe sull’Europa continentale non fu mai seriamente messa in discussione, sia per le caratteristiche tecniche dei propri aerei, sia, soprattutto, per il loro grande numero.
I tentativi tedeschi di acquistare la supremazia aerea sulla Gran Bretagna, in vista di una successiva invasione militare, iniziarono con attacchi alle navi nel canale della Manica, nel luglio 1940, seguiti da raid aerei sulle installazioni costiere dell’aviazione inglese, la Royal Air Force (RAF), e bombardamenti diurni e notturni su Londra e altre città britanniche.
La RAF si presentò a quella che successivamente fu chiamata “La Battaglia d’Inghilterra” abbastanza impreparata: anche se grande attenzione era stata posta nel rendere difficile uno sbarco tedesco sul territorio nazionale ed imponenti difese erano state approntate per contrastarlo, le forze aeree britanniche erano in un primo tempo assolutamente inadeguate a reggere l’impatto della imponente massa dell’aeronautica nazista. Infatti, la RAF poteva schierare solo un numero piuttosto limitato di caccia, in prevalenza antiquati biplani Gloster Gladiator. Certamente, era stato messo in campo un potente sistema di artiglieria antiaerea ma la tecnologia dell’epoca era in grado di abbattere solo il 10% circa dei suoi bersagli.
In un primo momento quindi la Luftwaffe poté quasi indisturbata infliggere gravissime perdite umane e materiali a tutta l’Inghilterra meridionale: la città di Coventry, con la sua millenaria cattedrale gotica, fu ridotta a un cumulo di macerie. Southampton fu distrutta all’80%; la stessa Londra subì danni gravissimi.
Tuttavia, l’attività di progettazione dell’industria britannica aveva già prodotto i prototipi delle macchine che sarebbero state in grado di invertire i rapporti di forza: via via che esse uscirono dalle catene di montaggio, accuratamente mimetizzate e sconosciute all’attaccante, come quella dello “Spitfire”, nascosta in una serie di villini a schiera alla periferia di Southampton svuotati e messi in connessione l’uno con l’altro, la situazione cambiò.
La qualità dei solidi caccia Hawker Hurricane e la velocità degli Spitfire furono fattori decisivi nella vittoria della battaglia d’Inghilterra. I piloti della RAF, inoltre, potevano operare in prossimità delle proprie basi aeree, mentre la Luftwaffe doveva fare ritorno alle basi situate in Francia settentrionale. Il fatto che i caccia inglesi potessero rientrare alla base, rifornirsi di carburante e munizioni e ritornare al combattimento nel giro di mezz’ora fu un elemento a favore delle forze britanniche, nonostante lo svantaggio numerico.
D’altra parte, è importante notare come i nazisti avessero gravemente sottovalutato le capacità di reazione degli inglesi: abituati ai successi contro avversari praticamente privi di un numero significativo di caccia, essi non si erano curati di sviluppare le capacità di autodifesa dei propri bombardieri, sicuri che essa sarebbe stata assicurata dai caccia di scorta. Questi però erano da un lato insufficienti numericamente e dall’altro troppo più veloci dei vulnerabili bombardieri tedeschi, relativamente lenti e scarsamente dotati di armamento difensivo, per riuscire a mantenerli sotto la propria protezione.
Di fondamentale importanza fu anche un’importante innovazione tecnologica inglese: la rete che metteva in collegamento le stazioni radar con i centri di comando, permettendo di seguire la posizione degli aerei tedeschi e dirigere verso di essi, via radio, i piloti britannici. L’elettronica cominciava a emergere come fattore di primaria importanza nella guerra aerea.
Dopo mesi di scontri aerei, la Luftwaffe cominciò a subire perdite intollerabili sia di mezzi sia, soprattutto, di piloti esperti e difficilmente sostituibili. La campagna aerea contro l’Inghilterra fu quindi sospesa, anche perché Hitler decise di rimandare l’invasione dell’Inghilterra per cominciare invece quella della Russia.
Tuttavia, l’elemento fondamentale che assicurò la vittoria inglese fu la reazione della popolazione nel suo complesso: a dispetto dei continui bombardamenti, il desiderio di non sottomettersi alla dittatura nazista si rafforzò, moltissimi volontari e volontarie si arruolarono nella difesa civile contribuendo a organizzare il riparo della popolazione nei rifugi, ad aiutare il personale medico nel soccorso ai feriti ed i pompieri nello spegnere gli incendi. Le fabbriche e gli uffici continuarono a funzionare. L’obiettivo di “abbattere” il morale della popolazione era quindi miseramente fallito.
L’unico risultato ottenuto da Hitler fu quindi quello di rendere terribile l’azione inglese, in ricordo delle perdite subite, quando furono le città tedesche a essere sotto attacco aereo.
Per saperne di più
Stephen Bungay, The Most Dangerous Enemy: An Illustrated History of the Battle of Britain, London (MBI Publishing)
Franco Catalano “Stato e Società nei Secoli” Vol. 3, “L’età contemporanea, parte seconda dal 1915 al 1945”, Casa Editrice D’Anna, Messina, 1968). Il libro riporta numerosissimi documenti originali sugli avvenimenti europei della prima metà del XX secolo.
Vito F. Polcaro “Una breve storia della guerra aerea” in “Armi e intenzioni di guerra: rapporto 2004”, a cura dell’Osservatorio sui sistemi d’arma, la guerra e la difesa, Pisa (Pisa University Press), 2004
Vito F. Polcaro “La guerra aerea, ieri, oggi, domani”, Napoli (La Città del Sole), in stampa
Dilip Sarkar, How the Spitfire Won the Battle of Britain, London (Amberly), 2011
Vito Francesco Polcaro, scienziato dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia spaziale (Istituto Nazionale di Astrofisica), e membro del Centro per l’astronomia e l’eredità culturale dell’Università di Ferrara
Pubblicato giovedì 13 Ottobre 2016
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