C’è da chiedersi perché mai l’Italia, Paese dall’ipertrofia legislativa, spesso e volentieri disattenda le leggi che ha. C’è da chiedersi perché tra le norme disattese, spesso bellamente ignorate, vi siano quelle che puniscono la pratica e la propaganda neofasciste. A parte la Costituzione repubblicana, che è il testo antifascista per eccellenza, ci sono a contrastare fenomeni vecchi e nuovi di fascismo la legge Scelba e quella Mancino. La prima risale addirittura al 1952 e nelle intenzioni del legislatore doveva essere la legge di attuazione della XII norma transitoria e finale della Costituzione. La seconda, che prende il nome dall’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino, è del 1993 e sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, e aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.
Stanno lì in attesa che qualcuno si decida ad applicarle. Non serve essere dei Marlowe per snidare i monatti dell’odio razziale e del neofascismo. Basta entrare negli stadi del Belpaese, leggere gli striscioni o sentire qualche coro che si leva dalle curve più militarizzate, piuttosto che leggere i programmi di movimenti come CasaPound che hanno la faccia tosta di voler utilizzare come piazza per i loro convegni la città di Milano. Basta navigare, finanche distrattamente, sul web. Basta partecipare da osservatore a qualche marcia o fiaccolata per la vita per capire che l’Italia del terzo millennio trasuda fascismo.
Il manganello d’oggi ha assunto altre forme, si è impadronito delle nuove forme di comunicazione di massa. Dai siti web ai social è un fiorire di iniziative che in un modo o nell’altro si richiamano espressamente al fascismo e al neonazismo. Facebook e moschetto fascista perfetto. Con un’avvertenza: il fascista del cyberspazio non è meno pericoloso di quello che si incontra per strada. Anzi. Contribuisce ad incanalare quello che nella strada avviene, rappresenta insomma un modello organizzativo a costo zero per la diffusione di materiali e la propaganda. Dalla comunità virtuale a quella reale dunque il passo è – può essere – molto breve.
Il sociologo Antonio Roversi – racconta Guido Caldiron nel suo libro del 2013, Estrema destra – ritiene che dietro i siti che si richiamano all’estrema destra ci siano gruppi e movimenti reali che fanno della separatezza, dell’opposizione e del rifiuto del confronto civile la loro ragione d’essere. Insomma la Rete è usata dalle nuove destre, italiane ed internazionali, per alzare nuovi e vecchi muri, per nutrire il virus dell’intolleranza. E la multimedialità propria del mezzo – musica, video, testo e immagini su un’unica piattaforma – amplifica la forza di penetrazione del messaggio. Basti pensare che tempo fa il Simon Wiesenthal Center di New York stimava in circa quarantamila in tutto il mondo, i siti dell’estrema destra. E nel conteggio erano esclusi i social network come Facebook e Twitter ancora non così diffusi. E che hanno aperto praterie sconfinate al proselitismo. Tant’è che partiti e movimenti molto strutturati e con sedi in tutta Italia, come Forza Nuova e CasaPound si sono subito appropriati delle potenzialità insite nei social ed oggi contano circa 150 mila visitatori.
In un bel libro del 2013, Web nero, edito da Il Mulino, Manuela Caiani e Linda Parenti forniscono una mappa dettagliata della presenza e dell’attività in Internet di movimenti, partiti e organizzazioni giovanili della destra radicale, fino ai gruppi neofascisti e neonazisti. Nella sola Italia – e considerando le organizzazioni più significative – hanno contato un centinaio di associazioni che hanno una loro presenza sul web. Intervistata per le inchieste di Repubblica la professoressa Caiani ha sottolineato che i social media sono la “nuova frontiera” dei gruppi neofascisti. “Li utilizzano molto bene e sempre di più” E non si tratta di attivisti da poltrona, gente che esaurisce il suo impegno solo on line; “molti di loro passano anche all’offline, si impegnano in prima persona sui territori. Il punto è capire quanti, invece, non siano potenziali attivisti. Penso che almeno la metà degli aderenti non abbia una motivazione ideologica”.
Il social network più famoso è Facebook. Inventato da quel geniale ex giovanotto che risponde al nome di Mark Zuckerberg, Facebook oggi è il megafono di numerosi gruppi neofascisti. Alcuni piccoli, altri catalizzatori di consenso alla slabbrata ideologia dell’ultra destra. Come la pagina “I giovani fascisti italiani”, gruppo fascista – così si presenta – “Per la rinascita dell’Italia! FASCISMO VUOL DIRE: ORDINE, RIGORE, POTENZA, UNIONE, LEGALITA’, GIUSTIZIA, AZIONE, RINNOVAMENTO, PATRIA, LIBERTA’, AMORE, FAMIGLIA, LAVORO”. E tra tanto amore ecco spuntare una valanga di insulti nei confronti di un padre della Patria, partigiano e presidente della Repubblica. Accanto alla foto di Pertini, scorre un testo che sarebbe più giusto definire melma maleodorante, e che non citiamo per rispetto al Presidente Pertini e a chi ci legge.
Il sito trabocca di foto del Duce, in tutte le salse. Ma attenzione a scambiare il tutto per nostalgia o folclore. Perché, al di là del dato anagrafico, a permeare i contenuti del gruppo I Giovani fascisti italiani è la più vieta xenofobia, il disprezzo per la democrazia parlamentare, o meglio per la democrazia tout court, nonché un certo antiamericanismo, che è poi antisemitismo. La pagina ha 154.904 mi piace, ne parlano 47.785 persone (tanto per fare un termine di paragone la pagina Facebook di CasaPound – movimento che in poco più di un decennio è passato dal quartiere Esquilino di Roma ad un radicamento su tutto il territorio nazionale ed oggi tiene contatti con la Lega di Salvini in vista del rassemblement delle destre – conta 136.427 like). Ha una crescita costante di settimana in settimana e continua indisturbata la sua opera dal 2010. Insomma, parliamo di un gruppo popolare assai nella galassia neofascista. Una foto postata il 9 settembre ritrae degli immigrati su un canotto. Ecco il testo a corredo: “Non dimentichiamo che loro vengono dai paesi poveri ma hanno l’Iphone”. Le condivisioni al post sono state superiori a 1500.
I fruitori dei messaggi sono ragazzi tra i 18 e i 30 anni. Privi di coscienza critica, con un vocabolario semplificato, sono pronti a bollare come nemico chiunque non la pensi come loro. E’ capitato recentemente alla parlamentare del Pd Laura Garavini, fatta oggetto di minacce e insulti di ogni tipo per aver scritto – dopo la pubblicazione sul sito di Repubblica di un’inchiesta sui rapporti tra Rete e neofascismo – un articolo di denuncia delle “intollerabili pagine a contenuto fascista e nazista” presenti su Facebook. La parlamentare ha pure presentato una interrogazione parlamentare sul tema. “Nella mia sollecitazione al ministro dell’Interno rilevavo come in diverse pagine Facebook vengano esaltati il fascismo, il nazismo e pubblicate frasi con contenuti di discriminazione razziale e sessuale. Tutti aspetti incompatibili con i valori della nostra Repubblica e con la nostra Costituzione”. Sei solo una “zecca comunista”. Da “mettere al muro”. Ecco le “chiaviche rosse che abbaiano”. Questo il campionario delle offese e minacce subite dalla Garavini dopo il suo atto ispettivo. Ma la cosa più anomala è il comportamento tenuto da Facebook. Dopo aver inizialmente provveduto a cancellare la maggior parte delle pagine da lei segnalate, il social ha poi deciso di fare marcia indietro riattivando le pagine precedentemente oscurate. “La motivazione addotta, per me incredibile, è che i contenuti segnalati, ovvero le istigazioni all’odio e alla violenza, non sarebbero incompatibili con «gli standard della comunità» di Facebook” racconta Garavini. Risultato finale: in nome di una mal interpretata libertà di espressione la pagina dei “Giovani fascisti italiani” ha visto crescere “i suoi fan e continua tranquillamente a diffondere odio razziale e insulti violenti sulla rete”. Ma la parlamentare non è la sola ad essere stata fatta oggetto di insulti. A gennaio a finire nel mirino pure il presidente della Repubblica Mattarella. Reo di essere andato a rendere onore ai martiri delle Fosse Ardeatine: “È un partigiano, ho detto tutto”, “ecco un altro mafioso ebreo”.
Tra i leader europei che vanno per la maggiore nel cyberspazio della destra italiana ci sono Putin e il primo ministro ungherese Orban, applauditissimo sulla pagina del Fronte Nazionale per la sua decisione di alzare una barriera anti immigrati. Il Fronte Nazionale che ha 9.106 like ha tra i suoi refrain più battuti l’antieuropeismo: in queste settimane nel mirino del movimento c’è il presidente della Commissione europea Juncker, reo di aver chiesto all’Europa coraggio e condivisione sulla questione dei profughi.
Sulla pagina di “Tricolore” (1.000 mi piace), sedicente partito politico, Greta e Vanessa, le due cooperanti italiane sequestrate in Siria, sono definite amiche dell’Isis. Per le due giovani gli appellativi più “generosi” sono “troie” e “stronze”.
La rete neofascista non si ferma ai confini nazionali. Di rimando in rimando, di sito amico in sito amico, si attraversano i confini per ritrovarsi, ad esempio, oltre Manica sulle pagine Facebook del britannico New British Union. Partito politico che considera Oswald Mosley, fervente ammiratore di Mussolini e fondatore nel 1932 della British union of fascist come il proprio “capo spirituale”. L’elenco del web nero è lungo. E non vive purtroppo solo nel mondo virtuale dei bit. I fascisti veneti sono confluiti recentemente in Fascio littorio, seguito circa da 10 mila persone. Il 16 luglio i “camerati” sono stati chiamati all’adunata: “MASSIMA URGENZA. A Quinto di Treviso il prefetto ha sequestrato una palazzina abitata da italiani per destinarla ai clandestini!!! La gente è in strada. Ha bisogno del NOSTRO aiuto!! Chiedo a VOI, CAMERATI D’ITALIA, di aiutare i Nostri fratelli e sorelle in difficoltà. Chi è della zona o comunque in Veneto mi faccia sapere se disponibile a muoversi!!! BOIA CHI MOLLA”.
Il fascismo si mischia pure con l’incenso dell’integralismo religioso. Capita così di leggere su Dio-Patria-Famiglia che “questo Papa ha delle idee suggerite dalle lobby e non tanto dalla volontà di Dio”. Sui social troviamo pure i Camerati italiani, “sito web su cultura/società”. Passa dall’8 settembre, “giorno dell’infamia”, alla campagna contro Israele. Tra le firme postate su “Camerati italiani” quella di Maurizio Blandet. Giornalista milanese secondo cui l’attentato dell’11 settembre altro non sarebbe che “un colpo di stato di tipo nuovo, una presa del potere delle istituzioni del governo americano: dove un nuovo centro di potere (i neoconservatori, estremisti filo-israeliani della lobby ebraica in Usa) avevano detronizzato l’oligarchia storica (il Council on Foreign Relations, Rockefeller eccetera) per lanciare la super-potenza americana nelle guerre e destabilizzazioni dei paesi del Medio Oriente troppo potenti per Israele”.
“Fascisti del III Millennio” tra i suoi obiettivi ha: “fare piazza pulita di tutti gli stereotipi sui camerati; spingere alla militanza attiva, in quanto solo l’impegno costante di ognuno di noi potrà portare dei risultati concreti”. A riprova che il neofascismo non si ferma al web.
Dove il richiamo diretto alla destra e al fascismo non c’è, è comunque forte l’humus che lo alimenta. Un esempio? La pagina di “Resistenza nazionale, fuori tutti gli immigrati dall’Italia”. 14.118 i like ed una autodescrizione che è tutto un programma: “Contro l’oppressione multietnica La Resistenza Nazionale crede nell’unicità etnica e culturale dei Popoli europei e si oppone al tentativo genocida di annientarne le differenze. Contro l’invasione della nostra Terra – Oltre la Destra e la Sinistra, oltre la dicotomia Camerati-Compagni: Patrioti per l’Italia”.
Non citiamo le pagine Facebook che hanno nel titolo il richiamo a Mussolini. Sono moltissime: vanno da quella che cita frasi celebri del dittatore a “Mussolini Eterna passione”: 25.954 mi piace, a “Benito Mussolini, Duce d’Italia”, a “Il Duce”: 21mila like – purtroppo molti giovani e giovanissimi – per vedere la mascella volitiva dell’uomo di Predappio che per venti anni conculcò la libertà degli italiani.
*Giampiero Cazzato, giornalista professionista, ha lavorato a Liberazione e alla Rinascita della Sinistra; oggi collabora col Venerdì di Repubblica
Pubblicato lunedì 14 Settembre 2015
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