Una piazza Dante gremitissima per affermare che Grosseto è antifascista. Dopo la cerimonia istituzionale al Parco della Rimembranza e un corteo che ha sfilato su Corso Carducci alla presenza delle massime Autorità, la città maremmana ha festeggiato il 25 aprile all’insegna della protesta. Si contestava la scelta dell’Amministrazione comunale di intitolare una strada a Giorgio Almirante e una a Enrico Berlinguer.
Dal palco promosso dall’Anpi sono intervenuti Flavio Agresti, presidente provinciale Anpi; Marcello Giuntini, sindaco di Massa Marittima, Comune medaglia d’argento al valor militare; la studentessa Georgiana Dragomir; Claudio Renzetti, segretario generale della Cgil, che ha parlato anche a nome di Cisl e Uil, e Claudio Maderloni, componente del Comitato nazionale e della Segreteria nazionale dell’Anpi.
Non a caso, in segno di dissenso dalla scelta toponomastica dell’Amministrazione, alle celebrazioni a cui ha dato vita l’Associazione dei partigiani non è stato invitato il sindaco Vivarelli Colonna. «La delibera che accosta il nome di Almirante a quello di Berlinguer – ha spiegato alla piazza Flavio Agresti, presidente provinciale dell’Anpi – è un imbroglio, voluto per far credere che tutti siano stati uguali. Noi faremo di tutto perché quel provvedimento venga revocato ed evitare a Grosseto una figuraccia. La decisione di non invitare il sindaco è stata dura, ma è la conseguenza di una situazione eccezionale».
Proprio la presenza di un rappresentante nazionale dell’Anpi ha dimostrato come sia necessario sgombrare il campo da ambiguità in un tempo in cui fascismi, razzismi e violenza sono pronti a riemergere e a minare la democrazia.
Claudio Maderloni dell’Anpi nazionale, più volte fortemente applaudito, ha precisato: «Se l’Amministrazione voleva intestare una via al parlamentare Giorgio Almirante, poteva farlo, noi saremo stati ugualmente, profondamente e convintamente contrari; avremmo comunque protestato energicamente, avremmo ricordato chi è stato, cosa ha fatto, da che parte stava fino alla Liberazione Giorgio Almirante, ma almeno l’Amministrazione di Grosseto avrebbe reso evidente, chiara, palese la sua scelta di campo politico. Avrebbe riconosciuto giusto intestare una via alla persona che nel maggio del 1944 ha firmato il “manifesto della morte”, manifesto che riproduceva l’ultimatum di Mussolini ai militari sbandati e ai ribelli saliti in montagna, intimando loro di consegnarsi ai tedeschi, pena la fucilazione. Quel manifesto portò a una indiscriminata caccia all’uomo, a rastrellamenti feroci e a tanti morti».
Con quella delibera, ha proseguito Maderloni, «si è cercato invece di mescolare le carte, e di giocare quella della “pacificazione nazionale”: trovo chi è stato fascista, trovo un antifascista amato dal popolo della sinistra da tanti democratici, ci metto in mezzo una piazzetta, che chiamerò “pacificazione nazionale” e così nessuno potrà dire che non siamo democratici; aggiungiamo che i morti sono tutti uguali, che davanti alla morte siamo tutti misericordiosi e pietosi, che le anime dei morti non si dividono, che dobbiamo chiudere una guerra civile, per poi arrivare a dire che il 25 aprile non è più il giorno della Liberazione dal nazismo e dal fascismo, che la Repubblica nata dalla Resistenza è superata, che finalmente abbiamo colmato le divisioni e possiamo leggere la storia senza filtri ideologici. Siamo di fronte ad un errore grave, imperdonabile: equiparare chi ha lottato per la libertà di tutti con chi ha lottato al servizio dell’esercito tedesco. Perché hanno combattuto con motivazioni ben diverse; i morti sono morti, ma le ragioni per cui sono morti non sono uguali, e non ci potrà mai essere equiparazione fra chi ha negato la libertà al popolo e chi è morto per darci la libertà».
Pubblicato venerdì 18 Maggio 2018
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